venerdì 15 luglio 2016

POI VENGO A MANGIARE A CASA TUA!!!

"Poi vengo a mangiare a casa tua!". Non c'è discussione sull'ILVA in cui a un certo punto non ci sia un interlocutore contrario alla chiusura dell'ILVA che tira fuori questa frase. Non si rende conto, il tapino, che son già anni che sta mangiando "a casa nostra". 
Infatti se facciamo i conti di quanto sono costati ai contribuenti italiani 10 decreti salva ILVA vedremo con assoluta chiarezza che sono anni che il salario dei dipendenti ILVA glie lo paghiamo noi, per tenere in vita un baraccone ormai in perdita (sono anni che l'ILVA perde 2,5 milioni di euro al giorno, e sono 3 anni che la società non presenta il bilancio), ma non viene lasciata fallire perchè "la siderurgia è strategica per il Paese" e perchè "bisogna salvaguardare l'occupazione".
La domanda è: ma tutti questi soldi (oltre 300 milioni solo nel nono decreto Salva ILVA) non avrebbero potuto essere impiegati per sviluppare un piano economico alternativo e moderno che avrebbe prodotto molti più posti di lavoro stabili qualificati e puliti? E' evidente che non c'è nessuna volontà politica di ottenere questo obiettivo, mentre invece è fin troppo chiaro che si vuole andare avanti con decreti a pioggia (e nella pioggia gli "amici" riescono sempre a bagnarsi).

Infatti l'ILVA ha sempre funzionato come una gigantesca idrovora di trasferimento di soldi dalle casse pubbliche alle tasche private.
Quando Prodi la privatizzò, praticamente la regalò ai Riva, che sborsando 1649 miliardi di lire acquisirono una azienda che di miliardi ne guadagnava 9000 all'anno. La società Riva Fire passò in pochi mesi dall'utile consolidato di 157 miliardi del 1994 ai 2.240 miliardi del 1995, e l'utile netto salì da 112 a 1842 miliardi di lire in un solo anno. Questo fiume di soldi finì direttamente in conti cifrati della famiglia Riva nei paradisi fiscali attraverso un sistema di scatole cinesi e otto trust finanziari e nel 2009 Berlusconi permise il rientro (illegale in quanto i capitali erano intestati fittiziamente)  di decine di miliardi che erano stati ottenuti a prezzo del disastro ambientale e sanitario di Taranto, sulla pelle, sul sangue e le sofferenze dei tarantini.
l'ILVA va chiusa e bonificata non solo perché è uno stabilimento killer ma anche perché rappresenta un mondo industriale in agonia ormai totalmente superato dall'evoluzione tecnologica, una azienda che non ha più nessun senso economico a meno di poter fare economie a discapito della tutela ambientale e della salute pubblica dunque ha senso in paesi dove tutela ambientale e salute pubblica non sono riconosciuti come beni comuni e valori da proteggere. La sua stessa esistenza impedisce di pensare "nuovo" e diverso rispetto alla pianificazione economica della regione Jonica, mentre la sua chiusura costringerebbe finalmente le istituzioni a fare i conti con la realtà e permettere l'emergere di quella economia digitale che rappresenta il futuro anche in terra di Taranto.  

Quindi, cari amici dell 'ILVA, che vi prepariamo da mangiare oggi? Vanno bene orecchiette alla diossina con cacio ricotta agli idrocarburi policiclici aromatici?



Per maggiori approfondimenti sugli aspetti economici dell'ILVA:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/26/ilva-tesoro-dei-riva-affari-della-famiglia-sempre-difesi-dallo-stato/606772/

http://www.inchiostroverde.it/ilva-pedicini-e-damato-m5s-ferro-vecchio-da-buttare-giu-pianificare-alternative-per-taranto/

http://www.ilblogdellestelle.it/accendiamo_i_riflettori_sullilva_di_taranto.html?utm_medium=push_notification&utm_source=rss&utm_campaign=rss_pushcrew

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/13/ilva-per-salvarla-9-decreti-in-5-anni-senza-successo-fino-al-buco-nellacqua-svizzero-di-renzi/2366512/

http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=5747

1 commento:

  1. Chiudere l'ilva e' una necessita', un atto di rispetto verso tutti i cittadini del posto, un primo importante passo verso la salvaguardia dell' ambiente e un atto di buona amministrazione pubblica. I lavori ivi occupati potrebbero essere tutti impegnati in loco per lo smantellamento e il recupero/riciclo dei materiali ivi presenti per almeno 10 ann

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