L'art 65 del decreto liberalizzazioni ha fatto partire una discussione sulla necessità di preservare il territorio dal silicio. Con un intervento assolutamente non programmato è stata inserita da questo articolo una nuova normativa che tenta di regolare il delicato rapporto fra agricoltura e rinnovabili, tagliando demagogicamente a colpi di slogan questioni molto complesse che necessitano un tavolo di discussione serio e approfondito. Da ultimo, il Ministro Clini, novello fustigatore di "speculatori delle rinnovabili" (quelli del petrolio o del nucleare non sembrano avergli mai dato troppo fastidio!), ha affermato che nei campi bisogna far crescere i pomodori, non il silicio, annunciando ulteriori "punizioni" per gli immondi affamatori di esseri umani che preferiscono impiantare pannelli fotovoltaici piuttosto che cibo (http://paroleverdi.blogosfere.it/2012/01/clini-nei-campi-pomodori-non-fotovoltaico.html).
Ora, a parte che in provincia di Brindisi per centinaia di ettari non si possono più coltivare nè pomodori, nè carciofi, ne ulivi, nè lattuga, nè zucchine, nè nient'altro destinato all'alimentazione umana, e non è per il fotovoltaico ma per il carbone della centrale ENEL di CERANO, (e i cittadini stanno ancora aspettando un'impennata di indignazione del Ministro anche su questo...) credo che sia venuto il momento di mettere ordine nei pensieri senza facili demagogie, nè pilatesche fughe in avanti.
Clini in camice bianco? Sarà per il carbone?... |
E perciò sento il dovere di intervenire in questa discussione che sento un po' (molto) anche mia, in quanto ho contribuito a elaborare le linee guida per l'energia e le produzioni sistemiche per lo Slow Food e per Terra Madre (che troverete a questa pagina web http://cetri-tires.org/press/2011/terra-madre-slow-foodpolitiche-alimentari-e-sostenibilita/?lang=it ) e le ho illustrate a Terra Madre 2010 nel panel dell'assemblea finale.
Cerano era una spiaggia splendida, una volta, oggi purtroppo dominata dall'ecomostro della centrale a carbone |
Cerano: i fumi che respirano i bambini nel Salento |
Metto subito, come si suol dire, le mani avanti, per chiarire che nessuno più di me è convinto che la la terra fertile e il territorio vadano usati per l'agricoltura e non per il fotovoltaico! A ulteriore riprova, (mi si perdoni l'auto-citazione) in un articolo sull'argomento che ho scritto insieme a Carlo Petrini n relazione alla situazione Pugliese, comparso in prima pagina su Repubblica il 17 aprile 2010 dal titolo PANNELLI FOTOVOLTAICI VIA DALLE CAMPAGNE, che valorizzava un accurato studio scientifico dell'ARPA Puglia, ingiustamente trascurato dalle istituzioni (in caso non ne abbiate abbastanza di questo post, lo potrete leggere a questo link: http://
Si sperava ch questo governo, a differenza del precedente, avrebbe chiuso con la politica opportunistica di infilare di straforo provvedimenti che necessitano una attenta discussione e riflessione, in atti legislativi che non c'entrano niente solo per fare un favore a questa o quella lobby.
Non entro nel merito delle previsioni dell'art 65 (che prevedono maggiori incentivi per impianti su serre e pongono limitazioni retroattive a molti altri impianti su terreni agricoli e non). Dico solo che il rialzo degli incentivi alle serre è speculativo anch'esso, se non è accompagnato da regole per la presentazione di piani agronomici e commerciali validi e credibili per quello che si deve coltivare sotto le serre.
Se non parto da quello che deve essere coltivato sotto la serra, innanzitutto assicurandomi che la situazione di ombreggiamento lo permetta, e poi garantendogli un mercato perchè i prodotti non rimangano sulle piante (come succede troppo spesso anche fuori dalle serre), allora la serra sarà solo una scusa per aggirare il divieto di fotovoltaico su terreni fertili.
Fare 25 MW di serre a Su Scioffu in Sardegna, con capitali indiani e manodopera americana, senza garantire che i prodotti sottostanti abbiano una filiera commerciale e un mercato che giustifichino i pannelli soprastanti, è speculativo quanto farli a terra, e nel frattempo l'agricoltura sarda muore, come quella siciliana, pugliese e di tutto il Paese.
Quindi ha ragionissima chi risponde a Clini che non è vietando gli impianti fotovoltaici che si rilancia il mercato del pomodoro. Quello che ammazza la nostra agricoltura, caro Clini, è la filiera intermediaria parassitaria. Esattamente come nell'energia! Abbiamo il paradosso del tarocco siciliano che rende solo 0,09 cents al produttore di Catania, ma costa 2,5 al consumatore di Milano. Chi si fotte tutta la plusvalenza? Il sistema mafioso-intermediario della logistica (e questo vale per tutto il paese non solo per la Sicilia: il Comune di Fondi dove è intervenuto un decreto prefettizio di scioglimento per infiltrazioni mafiose dovute ai suoi mercati generali, è nel Lazio e non in Sicilia!).
Ovunque ci sia grande distribuzione centralizzata di orto frutta e altri prodotti agricoli, vengono "spremute" le due estremità (produttori e consumatori) a esclusivo vantaggio dei parassiti intermedi.
Poi abbiamo il paradosso del bilancio carbonico esagerato anche per prodotti che potrebbero essere a chilometro zero, solo perchè i sistemi di distribuzione sono orientati esclusivamente al profitto. Un caso di scuola è ormai quello famosissimo dei pomodori di Pachino che potrebbero essere venduti a chilometro zero a Siracusa, e invece vengono trasportati nelle grandi centrali di imballaggio nel nord per poi ritornare negli ipermercati della grande distribuzione siciliana, e da chilometro zero diventano a chilometro 1.800! Ma perchè? Non si possono imballare localmente, dando lavoro a impianti di imballaggio locali? No! Perchè gli intermediari non guadagnerebbero abbastanza.
Abbiamo creato il mostro della grande concentrazione anche in agricoltura, che appesantisce il bilancio carbonico di tutti i prodotti solo per fare delle economie di scala che alzano mostruosamente i profitti e comprimono l'occupazione. E in Italia ci va ancora bene perchè i contadini che si suicidano per questo sistema che li estromette dai mercati, non sono moltissimi. In India l'industrializzazione del cibo causa almeno 20.000 morti l'anno di "contadini che si suicidano perchè non riescono a far fronte ai debiti contratti per acquistare sementi, fertilizzanti e pesticidi" (Carlo Petrini, TERRA MADRE,2008 Slow Food editore, pag 84).
Allora la soluzione è una politica nazionale di incoraggiamento fattivo dei giovani alle terre incolte, garantendo loro il mercato e il reddito per i primi anni attraverso politiche di favore verso i mercati di prossimità, dove si incontrano direttamente produttori e consumatori, senza intermediari, con adeguate e intensive campagne di comunicazione, invasive e penetranti almeno quanto quelle dei gioielli e generi di lusso (in fondo De Andrè ci ricordava che "dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior...").
Jeremy Rifkin al "Valle" occupato. Alle sue spalle Livio De Santoli |
Ecco allora come l'intervento pubblico può essere efficace per regolare il problema dell'uso del territorio, non con divieti e proibizioni, ma rendendo competitiva e redditizia l'agricoltura. E questo non solo a livello nazionale ma anche nei piani regionali o comunali. Esemplare in questo senso il Master Plan di Roma Capitale ispirato alla visione di Jeremy Rifkin e di Carlo Petrini, tradotto nel Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile elaborato da me e Livio De Santoli con la sua giovane equipe al CITERA della Sapienza, che prevede proprio interventi di rivalorizzazione della biosfera dell'agro romano, formando e affidando a cooperative di giovani le terre incolte e garantendo lo sbocco sul mercato con interventi di sviluppo dei mercati diretti. Questo piano, per ora solo sulla carta, può fare di Roma Capitale il faro del recupero in chiave umana delle politiche energetiche, ispirandole alle leggi della termodinamica, al rispetto della biosfera e alla valorizzazione della biodiversità e dell'enogastronomia locale. Ci si aspetterebbe che, una volta smesso di spalare la neve e le critiche più o meno ingenerose, l'attuale sindaco si ricordasse di essere stato un buon ministro per le risorse agricole e forestali, e desse impulso agli impegni che ha preso con Jeremy Rifkin e Carlo Petrini, realizzando il piano preparato dal team del professor De Santoli.
Tutto questo dimostra come una materia tanto articolata e complessa non possa davvero essere affrontata superficialmente e marginalmente dall'articolo 65 del DL Liberalizzazioni ma deve essere invece affrontata in modo sistemico (specialmente da un governo tecnico in cui, per fortuna, il Primo Ministro non ha origini "mafiose" come il precedente).
In conclusione si tratta di una materia tanto complessa che non può essere affrontata totalmente fuori contesto, in margine a un decreto liberalizzazioni che si occupa di apertura del mercato di tassisti, farmacie, notai e scorporo rete del gas etc. Una materia che merita una riflessione attenta e non solo slogan demagogici ad effetto, da parte di ministri in cerca di popolarità a buon mercato! Anzi, a proposito, se si doveva "liberalizzare" l'energia rinnovabile, non avrebbero piuttosto dovuto mettere mano al monopolio di ENEL distribuzione per la media e bassa tensione, al monopolio del credito da parte delle banche, e alla semplificazione normativa, ad esempio abolendo l'infamissimo registro degli impianti che, introdotto dal decreto Romani, ha spiazzato e messo fuori gioco migliaia di piccoli operatori, bloccandone la crescita e facendoli fallire come mosche? E non solo piccoli. La Solon è fallita la settimana scorsa mettendo centinaia di famiglie in mezzo alla strada in Veneto. E ci sono voci, che spero siano infondate, che anche altri grandi produttori (dei quali il sistema-Italia ha gran bisogno) versino in condizioni di grave instabilità, sempre in conseguenza del terremoto procurato dal decreto Romani al settore . E sono solo alcune delle migliaia di vittime fatte dal Killer-Romani con il suo decreto che ha introdotto la più alta instabilità e incertezza normativa in un settore che invece in tutto il mondo vive di stabilità e certezza. Stabilità e certezze che possono essere ottenute solo con interventi ragionati e sistemici (e aggiungo, condivisi) e certo non con quattro righe in un velleitario articolo 65 in un DL liberalizzazioni totalmente fuori tema. Per questo, parafrasando Catone il Censore concludo con una sola esortazione, che ripeterò fino alla noia: "ART. 65 DELENDO EST!"
Sono d'accordo su ogni passaggio di questo post molto rigoroso e articolato efficacemente sulle questioni in gioco. Occorre una politica energetica e industriale all'altezza della sfida epocale che ci sta davanti. Questi tecnici al governo non ne hanno la cultura: il loro orizzonte non è il pianeta, ma il mondo dentro cui sono vissuti da primattori privilegiati e da cui non sanno uscire perchè del 99% non glie ne importa niente. Per questo infilano l'aet. 65 in un contesto per noi completamente estraneo, ma per loro contiguo al nucleo di interessi che sta loro a cuore. Mario Agostinelli
RispondiEliminaMario, tu sei un poeta! Il poeta dell'energia! Altro che Nichi ! :-)
RispondiEliminaNon fa una piega, politiche settoriali non hanno nessun senso. Occorre guardare tutto in termini globali.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
Elimina