mercoledì 25 giugno 2014

IL NAUFRAGIO DELLA NAZIONALE DI PRANDELLI METAFORA DELLA CATASTROFE ITALIA.

Capitano incolpevole dell'eliminazione
In un interessante articolo (che riproduco alla fine del post), comparso sul magazine sportivo on line OLIMPIAZZURRO, Federico Militello analizza l'eliminazione dell'Italia ai Mondiali come la conseguenza impietosa di un insufficiente ricambio generazionale delle nuove leve calcistiche di un  Paese  condannato a vivere di rendita (sempre più magra) sul passato senza investire nei talenti giovani.
I vivai giovanili offrono sempre meno perchè le grandi società preferiscono investire in giocatori stranieri (spesso anche di basso livello) piuttosto che nello sviluppo del talento locale. Come ricorda l' articolo "i nostri club hanno smesso di investire sui vivai e sui giovani italiani. Negli ultimi 15 anni il nostro Campionato è andato gradualmente riempiendosi di stranieri perlopiù di basso livello. Attualmente la percentuale di giocatori ‘importati’ ha superato ampiamente il 50% ed è probabile che a settembre valichi anche la soglia del 60%. L'inter del "triplete" nel 2010 era composta interamente di giocatori stranieri." In queste condizioni un Rossi o un Destro o un Florenzi in più non avrebbero fatto la differenza. Il problema è che il calcio malato è espressione di un Paese malato. Un Paese in cui la mentalità dei club è ispirata unicamente alla ricerca del profitto immediato anzichè agli investimenti di lungo periodo sui giovani talenti italiani.
In questo senso il naufragio della nazionale di Prandelli è la metafora della catastrofe di una Italia, le cui classi dirigenti investono pochissimo nello sviluppo dell'economia locale, preferendo l'attrazione di investimenti speculativi che nel lungo periodo impoveriscono anzichè arricchire il territorio, così come l'importazione di giocatori stranieri nei nostri club alla lunga impoverisce il talento locale, perchè lo inibisce, gli impedisce di emergere.
Si preferisce  l'importazione di beni e servizi di filiera lunga e non lo sviluppo di politiche economiche dal basso in grado di valorizzare i veri assett del Paese, l'agricoltura e l'enogastronomia che ne è prodotta, il turismo culturale e archeologico, la creatività delle botteghe artigiane e delle innovazioni tecnologiche made in Italy che spesso in passato hanno rivoluzionato l'economia mondiale (come oggi sta facendo la scheda "Arduino" per le stampanti 3D).
Masseria Magli in provincia di Taranto
Gastronomia locale: la focaccia pugliese
Invece le scellerate politiche economiche del governo continuano a devastare l'ambiente mettendo a repentaglio la biodiversità che garantisce la qualità e la diversità dell'offerta dell'enogastronomia locale, e la stabilità del territorio e del suo assetto idrogeologico che garantiscono il potenziale turistico.
Quanti milioni di visitatori da tutto il mondo ha perso il parco archeologico della Magna Grecia e il museo degli ori di Taranto   a causa della immagine di città martire dell'inquinamento industriale?

Mar Piccolo a Taranto- ILVA sullo sfondo.
E così la sua enogastronomia fatta di pastorizia eccellente, agrumi profumatissimi e mitili coltivati in un habitat (il Mar Piccolo) unico al mondo?
Abbiamo preferito "importare" inquinamento distruggendo masserie del '600, uliveti secolari, e tradizioni agricole millenarie per far fare profitti immorali a gruppi industriali che pagano la politica locale e nazionale per poter continuare a farlo.

Preferiamo adottare strategie energetiche basate sui fossili che devastano l'ambiente e arricchiscono i soliti
Vincenzo Fornaro. Gli hanno ammazzato 700 animali
e neanche un centesimo di risarcimento perchè
non è sicuro che la diossina venisse dall'ILVA (!) ...
grandi gruppi petroliferi e i soliti monopoli energetici, anzichè sviluppare l'economia solare di rete in cui trova spazio la piccola e media impresa con i suoi standard a alta intensità di lavoro e a bassa intensità di capitali. A Taranto si uccidono le pecore perchè brucano erba contaminata dalla diossina, ma il risarcimento all'allevatore arriverà, se arriverà, solo dopo decenni di estenuanti cause per verificare da dove sia mai venuta quella dossina... Si uccide l'economia locale e il territorio e poi ci si meraviglia della disoccupazione e del debito crescente...

Preferiamo premiare le grandi opere impattanti, inceneritori, grandi centrali, discariche, grandi insediamenti agroindustriali, piuttosto che fare spazio all'economia dal basso di comunità, alle banche del riuso, ai gruppi di acquisto solidale, ai Fab Lab per lo sviluppo della manifattura additiva (stampa 3D), che darebbero spazio alla piccola impresa innovativa e alla cittadinanza. Allo stesso modo, importando giocatori stranieri, le nostre scuole calcio diventano sempre meno importanti nella produzione del talento e poi non c'è da meravigliarsi se ai mondiali ci elimina la nazionale del Presidente Pepe
Il Presidente dell'Uruguay Pepe Mujica
Mujica, per cui l'essere umano è e rimane il valore di riferimento dell'azione economica e dell'attività politica. Certo anche i giocatori uruguaiani sono ricchi e in giro per il mondo, ma hanno avuto a casa loro la possibilità di crescere. Il campionato dell'Uruguay non è strapieno di giocatori stranieri, come il campionato italiano, e i bambini di Montevideo o di Paysandù, hanno la possibilità di muovere i primi passi calcistici in scuole calcio di quartiere diffuse e ben gestite che noi in Italia ci sogniamo, proprio perchè le scelte politiche in quel paese sono ispirate a una filosofia esistenziale che privilegia l'uomo e non il profitto, il senso di comunità e non l'individualismo, la condivisione empatica e non la competitività esasperata.
Allora se c'è una lezione da imparare dal disastro della nazionale di Prandelli, è questa: ripartiamo su nuove
Cesare Prandelli. Solo colpa sua? ...
basi, riscopriamo la nostra umanità e la nostra creatività, rilanciamo una nuova economia dal basso in cui trovi spazio l'essere umano e non la logica del profitto, riportiamo i nostri bambini a giocare al calcio per divertirsi, e non per comprarsi la Ferrari, ridiamo un senso alla parola "valore" che non sia legato al mercato dei titoli azionari.
Un senso che abbiamo perso totalmente in un paese impazzito dietro a falsi valori che evidentemente non sono sufficienti a compiere grandi imprese come quelle di vincere un mondiale. O almeno a passare il turno e arrivare agli ottavi...






Il naufragio di Prandelli e la deriva di un calcio italiano sempre più malato

Cesare Prandelli Calcio Wikipedia Libera

Lacrime di rabbia. L’impotenza di chi, dinanzi ad un declino che si propaga inesorabile, si rende conto di non avere le armi per arginarlo.
Mezzo secolo dopo, l’Italia viene eliminata nella fase a gironi di un Mondiale per due edizioni di fila (era già accaduto nel 1962 e nel 1966). I numeri sono impietosi: solo un’altra volta avevamo segnato appena due gol in una rassegna iridata, sempre nel 1966, l’anno della Corea del Nord. Due sconfitte nello stesso Mondiale, inoltre, erano maturate anche nel 1954, 1966, 1978 (ma con quarto posto finale) e 2002 (una delle due, ai supplementari). Tocchiamo il punto più basso della nostra storia, con il rischio tangibile che possa accadere anche di peggio.
Una prima considerazione, di per sé piuttosto cruda: per la prima volta da 40 anni, ci siamo presentati ad un Mondiale consapevoli di non aver alcuna possibilità di vincerlo. Troppe le lacune di una selezione tricolore giunta in Sud-America con tante, troppe lacune, con la speranza vana che l’aria iridata le cancellasse di colpo. Illusione.
Ma prima di soffermarci sui mali, forse incurabili, del calcio italiano, è bene partire dalla causa scatenante di un fallimento che affonda le radici nel tempo. Il Mondiale, come ha ammesso lo stesso Prandelli, lo abbiamo perso con il Costa Rica. Un match assolutamente alla portata, che se vinto avrebbe garantito una qualificazione pressoché certa, un primo posto nel girone probabile e, con esso, un ottavo di finale non proibitivo. Magari dopo aver fatto riposare qualche titolare con l’Uruguay. Sarebbe cambiato tutto, evitando un match da dentro o fuori con una nazionale esperta e ruvida come la Celeste.
E’ innegabile che l’arbitro Moreno, un cognome che ci perseguita e fa rivivere l’incubo del 2002, abbia influito in modo determinante e decisivo sull’eliminazione degli azzurri: un rosso inventato a Marchisio e il morso del ‘vampiro’ Suarez rimasto impunito. Due episodi troppo eclatanti in un incontro cosi’ equilibrato ed incerto. Ma è innegabile anche come l’Italia, in due partite, non abbia mai tirato in porta.
Il progetto tecnico di Prandelli, ed in questo va apprezzata l’onestà dell’ormai ex ct di Orzinuovi, si è sgretolato, fallendo miseramente la prova del nove. L’allenatore bresciano ha cercato in questi 4 anni di cambiare la mentalità del nostro calcio, imponendo una nuovafilosofia, riassumibile come segue: basta catenaccio e contropiede, proviamo a giocare ed imporre il nostro gioco. Un modus operandi che ha convinto nel primo biennio, culminato con la finale europea contro la Spagna, ma rivelatosi inattuabile negli ultimi 12 mesi, soprattutto per carenza di interpreti adatti a questo tipo di calcio.
L’avvicinamento all’evento non era stato fortunato, con gli infortuni prima di Giuseppe Rossi(tagliato perché ritenuto non al top della condizione, anche se, a nostro parere, anche un Pepito al 50% avrebbe fatto comodo) e poi di Riccardo Montolivo, quest’ultimo vertice alto del rombo di centrocampo che ha obbligato Prandelli a rivoluzionare lo schema tattico proprio a pochi giorni dal debutto con l’Inghilterra. Dopo 4 anni impostati con 2 attaccanti, il ct ha deciso di puntare su un discutibile 4-5-1, affollando il centrocampo di palleggiatori e sostanzialmente ricalcando il modello spagnolo (ormai naufragato). L’esibizione con l’Inghilterra, pur non esaltante, era stata salvata dal risultato. I limiti di questo modulo sono però emersi nitidamente con il Costa Rica. Completamente in confusione, Prandelli si è rifugiato nel 3-5-2 di stampo juventino, ridando in parte una parvenza di solidità alla difesa, ma continuando a sviluppare una manovra lenta e prevedibile. ‘E’ il fallimento del mio progetto tecnico“, ha dichiarato Prandelli. L’impressione è che il buon Cesare avesse questo sentore già dal ritiro di Coverciano ed i continui cambi tattici lo dimostrano.
E veniamo ai giocatori. L’ex commissario tecnico ha perso la sua scommessa più grande. Ha investito per un quadriennio intero su Mario Balotelli. Lo ha coccolato, incoraggiato, perdonato. Lo ha trattato quasi come un figlio. Il Mondiale brasiliano ha invece emesso un verdetto inappellabile: ad oggi, ‘Super Mario’ (le virgolette sono volute) non è il fuoriclasse che l’Italia sperava di aver trovato. Certamente un buon giocatore, discontinuo, di sicuro incapace di caricarsi una squadra sulle spalle. Il fallimento della grande speranza Balotelli è lo specchio di un calcio italiano sempre più povero e mediocre. Il trionfo iridato del 2006 aveva segnato la fine di un ciclo d’oro con i vari Del Piero, Totti, Cannavaro, Nesta e via dicendo. Di quel gruppo sono rimasti i soli De Rossi, Pirlo e Buffon, ancora i migliori malgrado le trenta primavere superate abbondantemente. In otto anni abbiamo assistito ad un ricambio non all’altezza della tradizione dell’Italia.
Senza precedenti la crisi del reparto arretrato, dove la convocazione dell’oriundo Paletta esemplifica meglio di qualsiasi altra parola la situazione; a centrocampo un’unica, vera novità, quella del talentuoso Verratti; in attacco il capocannoniere della Serie A, Immobile, tenuto colpevolmente ai margini per poi gettarlo tardivamente nella mischia nel momento del bisogno,
Per giorni si dirà “Prandelli avrebbe dovuto portare Rossi, Florenzi, Destro, Toni, etc…“, ma la sostanza non sarebbe cambiata di molto: il confronto offre davvero poco in questo momentoSiamo a pane e acqua.
La crisi del calcio italiano parte da lontano, dall’inizio del nuovo millennio. Il trionfo di Germania 2006 ha nascosto per qualche anno un problema critico: i nostri club hanno smesso di investire sui vivai e sui giovani italiani. Negli ultimi 15 anni il nostro Campionato è andato gradualmente riempiendosi di stranieri perlopiù di basso livello. Attualmente la percentuale di giocatori ‘importati’ ha superato ampiamente il 50% ed è probabile che a settembre valichi anche la soglia del 60% (nei prossimi giorni vi proporremo un’analisi su questi numeri).  Molti di questi, alla prova dei fatti, si rivelano dei giocatori tecnicamente inadeguati. Ma nella mentalità italiana, il nome esotico stuzzica la fantasia dei tifosi e, magari, fa vendere qualche abbonamento in più.Mettiamocelo bene in testa: finché questo andazzo non verrà mutato, il trend della Nazionale non potrà che peggiorare. Il calcio italiano, annegato dall’onda straniera, sta morendo lentamente. Un’agonia che fa male. 
E dire che la crisi economica e la mancanza di liquidità dovrebbe invogliare i nostri club a costruirsi in casa i campioni del domani. Ma questo non accade. Le grandi squadre allevano giocatori per utilizzarli poi come pedine di scambio nel vortice del mercato, senza attuare un progetto lungimirante su scala pluriennale. Anzi non vi è alcun interesse ad intraprenderlo ed è questo che più ci preoccupa per il futuro. Il successore di Prandelli non avrà vita facile, con un bacino di italiani da cui attingere sempre più esiguo. Nel lungo periodo rischiamo davvero di sparire, salvo una soluzione come quella del calcio a 5, vincente con una squadra zeppa di oriundi. E’ questo che vogliamo?
Chiudiamo poi con il clima, indicato per troppi giorni come un alibi per gli uomini di Prandelli. Che si fosse giocato in Antartide o nel Sahara, non sarebbe cambiato nulla: i nostri giocatori, fisicamente, non sono più in grado di affrontare da protagonisti le grandi competizioni internazionali. Ci mancano velocità, dinamismo, resistenza, una preparazione adeguata a partire dalle scuole calcio. Non è un caso se gli avversari sembrano correre a velocità doppia, come non lo è neppure il livello dei nostri club in Europa, da ormai un decennio comparse in Champions (l’Inter del Triplete, nel 2010, era composta interamente da stranieri nell’undici titolare) ed Europa League.
Un discorso lungo, riassumibile in poche parole: quello italiano è ormai un calcio di seconda fascia. Con questa convinzione ci eravamo presentati in Brasile, con la medesima torniamo a casa con le ossa rotte. Passata la grande delusione, sui più grandi quotidiani sportivi torneremo a leggere pagine e pagine di calciomercato. Almeno il 90% delle trattative riguarderanno calciatori non italiani. Il terrore è che il peggio possa ancora venire.
La versione orioginale di questo articolo si trova a questa pagina: http://www.olimpiazzurra.com/2014/06/il-naufragio-di-prandelli-e-la-deriva-di-un-calcio-italiano-sempre-piu-malato/





martedì 24 giugno 2014

RENZI L'EUROPA E L'IPOCRISIA

In una  interessante analisi delle priorità della Presidenza Italiana dell'UE (che inizia il primo luglio)  comparsa sul magazine on line specializzato in affari europei  EUNEWS,  si sottolinea che l'Italia, in un documento sottoposto all'attenzione del Presidente del Consiglio Van Rompuy in vista del Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno,  mette l'accento sulla necessità di cambiare registro e passare delle politiche di austerità che hanno caratterizzato l'azione della Commissione Europea Barroso II nell'ultimo quinquennio (con le conseguenze tragiche che tutti conosciamo)  a politiche di crescita e stimolo all'occupazione,  per invertire la percezione negativa che hanno i cittadini dell'Europa.
Interessante notare però come queste buone intenzioni siano destinate a diventare "lastrico per l'inferno" come tante prima di esse.
Infatti esse vengono da un Premier e un governo che hanno dimostrato ampiamente di non avere la più pallida idea di come stimolare la crescita. Per farlo servono politiche economiche ad alta intensità di lavoro e non di capitali. Invece, il governo Renzi (e la catastrofica Ministra per lo Sviluppo Economico Guidi) hanno fatto esattamente il contrario.
Guidi: "drill baby drill!
Infatti incoraggiando le trivellazioni e il ritorno a una politica energetica basata sui fossili (quindi ad altissima intensità di capitali e a bassa intensità di lavoro) e stroncando le rinnovabili, che invece sono il settore energetico a più alta intensità di lavoro e a bassa intensità di capitali,  con il decreto spalma incentivi e la tassazione dell'autoconsumo, il governo italiano sta andando nella direzione opposta e sta distruggendo quel poco che è sopravvissuto ai disastri dei governi precedenti, in controtendenza sia con le indicazioni dell'Europa che con l'esempio virtuoso della Germania, Paese che ha pianificato la propria indipendenza energetica (e dunque la propria sovranità economica) al 2050 e già oggi ha creato centinaia di migliaia di posti di lavoro nel settore del solare e delle rinnovabili pur avendo una esposizione solare ridicola rispetto all'Italia (http://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/fotovoltaico-germania-record-consumo-123/).

Il passo indietro retroattivo del governo italiano sull'energia rinnovabile ha determinato una caduta verticale della sua credibilità come è stato rilevato impietosamente dalla stampa internazionale che conta, come ad esempio il Financial Times

Financial Times del 23 luglio 2014: caduta verticale della credibilità
dell'Italia a causa dei tagli retroattivi agli incentivi per le rinnovabili
A ciò aggiungasi che il governo italiano, vittima di cattivi consiglieri economici, con il cosiddetto "Jobs Act" ha precarizzato quel poco di lavoro stabile che restava in Italia, prigioniero del malinteso secondo il quale per stimolare l'occupazione bisogna agire sulla flessibilità del mercato del lavoro, quando è vero l'esatto opposto e cioè che per creare occupazione bisogna dare stabilità all'economia e non precarietà, per esempio (scusate se insisto) con politiche energetiche di lungo termine che diano continuità e sicurezza agli investimenti nel settore delle rinnovabili e con politiche infrastrutturali in grado di fornire contratti alla piccola e media impresa che assume, e non appalti per grandi opere alla grande impresa che non assume e anzi licenzia. Anche questa è una lingua estranea al governo Renzi, ostaggio di un sistema di partiti che sulle grandi opere e sui suoi appalti pilotati ha costruito la sua fortuna (e la disgrazia del Paese).

Rimangono perciò dubbi più che legittimi sul fatto che il governo italiano, nell'assumere la presidenza dell'UE, possa sciogliere a Bruxelles quei nodi che ha ampiamente dimostrato di non essere in grado di sciogliere in Italia.
 Mentre la Ministra Guidi, Renzi e la sua improbabile squadra di governo continuano a fare le politiche che le consorterie e le grandi lobby impongono loro, in Italia sta sorgendo una nuova economia dal basso fatta di attività industriali ed energetiche a bassa intensità di capitali e a costo marginale zero.
Fatta di Fab Lab di giovani tecnici e ingegneri che trovano in continuazione nuove applicazioni per le
La stampa 3D, Sempre più diffusa!
stampanti 3D e che continuano a entrare sul mercato guadagnando ogni giorno nuove piccole ma significative porzioni di esso in settori nei quali fino a pochi anni fa per entrare era necessario munirsi di padrinato politico, fideiussioni bancarie e cospicui capitali, mentre oggi basta una stampante 3 D da mille euro, alimentata da pannelli fotovoltaici o sistemi energetici rinnovabili anch'essi a costo marginale zero (il sole non si paga, il petrolio e il gas sì).
Una nuova economia dal basso fatta di scambi primari e sostenibilità, Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) per stimolare la produzione agricola locale (e dunque la sovranità alimentare del territorio) banche del riuso e filiere del riciclo e della riparazione, nuova imprenditoria innovativa a cui bastano 5 o 10 mila euro per partire, e non gli 800 mila euro prescritti (con relativa affidabilità bancaria che per i veri innovatori è utopia pura) dai bandi per l'innovazione dei programmi di un ministero per lo Sviluppo Economico ancora impantanato in quel pensiero fossile che ha fatto la fortuna dei grandi monopoli energetici ma che certo non è in grado di creare quella ricchezza distribuita che è necessaria per uscire dalla crisi e dare stabilità economica e sociale a un paese in affanno (e in affanno proprio a causa della crisi del modello fossile che lo sta soffocando).
Redemption Fund: il colpo di grazia contro le politiche redistributive.
Durante la Presidenza Italiana verranno al pettine nodi importantissimi, quali quello sul Regolamento Europeo per gli OGM (che potrebbero distruggere l'agricoltura locale a vantaggio de modello agro-industriale e del mercato proprietario delle sementi), la strategia di medio termine (2030) per l'energia in Europa, in cui le lobby fossili e del nucleare stanno cercando di ritagliarsi quello spazio che nella strategia di breve termine (2020) hanno perduto, la decisione relativa al trattato di libero scambio commerciale con gli Stati Uniti (il famigerato TITP) che mira a lasciare mano libera alle multinazionali in violazione legale di qualunque legislazione sociale e ambientale e a tutela dei beni comuni. E anche la discussione sul Fiscal Compact avviata ormai sui binari forzosi di quel Redemption Fund architettato dal sistema bancario per estorcere la residua  autonomia dei governi e intervenire direttamente nelle politiche nazionali espropriando i beni comuni e privatizzandoli a vantaggio di pochi grandi gruppi (ancora loro, si veda articolo di lato).
Come ci aspettiamo che un branco di ministri/e assolutamente privi della cultura e delle conoscenze fondamentali relative all'economia di rete, all' open source e ai modelli empatici della condivisione redistributuiva, ma ostaggio di lobby energetiche, finanziarie e agro industriali, riusciranno a orientare il transatlantico-Europa nella direzione giusta?  Perdonatemi ma io non ci credo, e anche in queste roboanti affermazioni di principio ( l'articolo in oggetto è al link qui sotto e  il  suo testo è comunque riprodotto qui di seguito per ragioni pratiche) che parlano di crescita, occupazione, sviluppo, vedo solo tanta, ma tanta ipocrisia...

http://www.eunews.it/2014/06/23/le-priorita-ue-per-5-anni-targate-italia-il-documento-del-governo-a-van-rompuy/17972



Renzi

Le priorità Ue per 5 anni targate Italia, il documento del governo a Van Rompuy


E’ il contributo del governo italiano al Consiglio europeo del 26 e 27 giugno. Priorità crescita e lavoro, il prossimo presidente dell’esecutivo Ue deve avere “coraggio e inventiva”

In un documento in inglese inviato al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, come contributo per il vertice dei capi di Stato e di governo che si svolgerà 26 e 27 giugno a Bruxelles, il governo italiano propone una serie di priorità per le politiche dell’Ue nei prossimi cinque anni e un profilo abbastanza preciso di quello che dovrebbe essere il prossimo presidente della Commissione europea, e della sua “job description”.
Prima priorità, secondo il governo, è quella di “ripensare a mente fresca la strategia più efficace per ripristinare la crescita, creare occupazione e promuovere la coesione”. Questo, si sottolinea nel documento, intitolato “Un nuovo inizio per l’Unione europea”, è anche “il modo migliore di migliorare la sostenibilità dei conti pubblici”. La ripresa finora “rimane debole e ineguale”, e comporta “rischi di divergenze ancora maggiori fra gli Stati membri”. E il consolidamento dei bilanci pubblici è una sfida ancora difficile, “nonostante gli sforzi senza precedenti” che sono stati fatti, “a causa della crescita debole e dell’inflazione bassissima”. Secondo il governo italiano, “siamo davanti a un bivio: accettare un pericoloso lungo periodo di crescita fragile e alta disoccupazione, o stimolare le aspettative macroeconomiche (‘boosting macroeconomic prospects’, ndr). Una risposta in termini di politiche europee è di un’urgenza allarmante”, si osserva nel documento.
Per spingere la crescita, l’Italia propone diverse “linee d’azione”: 1) dare priorità a quest’aspetto in tutte le politiche europee, al di là dello strumento “soft” del coordinamento delle politiche nazionali; 2) “incoraggiare le riforme strutturali nazionali” e l’innovazione, che sono “il più importante motore di crescita”, ma tenendo presente che ci vuole tempo perché producano i loro effetti positivi, soprattutto in un contesto macroeconomico di debole domanda aggregata; 3) mettere l’accento sull’economia reale, rafforzare la competitività dell’industria, puntare sul “rinascimento industriale”; 4) “finanziare la crescita” con una serie di iniziative che rimedino alla “caduta drammatica degli investimenti privati e pubblici verificatasi negli ultimi anni”, in particolare investendo nelle infrastrutture necessarie allo sviluppo del mercato unico dell’energia (interconnessioni e reti di trasmissione elettrica) e di quello delle comunicazioni elettroniche; 5) “continuare ad approfondire l’Unione monetaria europea”, con l’obiettivo di rafforzare la capacità dell’Eurozona di resistere agli shock esterni e alle crisi asimmetriche, in particolare “pensando seriamente” a come introdurre “degli stabilizzatori automatici” che ne garantiscano la stabilità, come un “sistema europeo di sussidio di disoccupazione”.
Oltre a tutto ciò, il documento italiano ricorda, in una nota, che le attuali regole di sorveglianza Ue dei bilanci comprendono diversi elementi di flessibilità, sia per quanto concerne i “fattori rilevanti” che possono essere presi in conto quando si valuta il rispetto dei vincoli riguardanti deficit e debito pubblico, sia riguardo ad eventuali deviazioni temporanee dall’obiettivo di medio termine del pareggio strutturale di bilancio, quando sono dovute all’attuazione delle riforme strutturali più importanti, che solo nel lungo termine hanno effetti positivi sulla sostenibilità dei bilanci, aumentando il potenziale di crescita.
Secondo il governo, nel quinquennio che si apre ora con la nuova legislaturadell’Europarlamento e il rinnovo della Commissione europea e degli altri vertici dell’Ue (e in coincidenza con la presidenza semestrale italiana del Consiglio), oltre che alla questione fondamentale del rilancio della crescita, bisognerà dare priorità anche ad altre due azioni.
Come seconda priorità, l’Italia propugna un “cambiamento di discorso” che faccia sentire ai cittadini l’importanza dell’Europa al di là dell’economia e della finanza, che negli ultimi cinque anni di crisi hanno monopolizzato l’informazione e il dibattito politico sull’Ue. Un dibattito che si è concentrato sulle politiche di austerità, risultando in un “costo pesante” pagato dall’Ue in termini di percezione e fiducia dell’opinione pubblica. In questo quadro, secondo il governo italiano bisognerà rafforzare la legittimità e l’efficienza delle istituzioni euroopee e dei loro processi decisionali. In particolare, il governo caldeggia l’ipotesi di suddividere la Commissione europea in “clusters” (il documento non entra nei dettagli, ma in sostanza, alcuni commissari sarebbero responsabili dei settori a cui è stata data priorità, con poteri di coordinamento anche su altri colleghi) e di “ridisegnare” le attuali dieci formazioni del Consiglio Ue (Esteri, Ecofin, Agricoltura, Ambiente, Competitività etc.).
Sempre nell’ambito “nuovo discorso” che l’Ue dovrebbe intraprendere, ben al di là delle questioni finanziarie e di bilancio, il documento sottolinea l’attenzione alla difesa e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il governo italiano incoraggia l’adesione diretta dell’Ue in quanto tale alla Convenzione europea dei Diritti umani (oggi vi aderiscono solo i singoli Stati membri), e la creazione di un nuovo quadro giuridico per il monitoraggio del rispetto dei diritti fondamentali in seno all’Ue (oggi un tale meccanismo esiste solo per i paesi candidati all’adesione, non per quelli già membri dell’Unione).
Il documento italiano sottolinea poi la necessità di “promuovere un’autentica Politica comune dell’immigrazione”, rafforzando gli strumenti di gestione integrata delle frontiere con la creazione di un vero e proprio Sistema Ue di guardie di frontiera, e sviluppando nuove regole sul riconoscimento reciproco dell’asilo, per promuovere “una genuina solidarietà a livello europeo”. In altre parole, l’asilo concesso dal paese di primo approdo dovrebbe essere riconosciuto anche da tutti gli altri Stati membri, permettendo al richiedente di muoversi liberamente e stabilirsi ovunque nell’Ue.
La terza priorità, infine, è quella relativa all’azione esterna dell’Ue, che L’Italia chiede si concentri particolarmente nell’area del Mediterraneo e Medio Oriente, per quanto riguarda le politiche di vicinato, e sui Balcani e la Turchia per quanto riguarda il processo di allargamento verso futuri Stati membri; un processo, questo, che “promuove pace, democrazia e sicurezza”.
Il documento propone di “rinvigorire” i negoziati in corso con Ankara e spingere per le strategie di cooperazione macroregionali. Quanto ai rapporti con il tradizionale grande alleato statunitense, il governo sottolinea la necessità di “continuare il dialogo sulle questioni di sicurezza energetica” e di fare progressi nel negoziato in corso sull’Accordo transtlantico di libero scambio e protezione degli investimenti (Ttip).
Dopo aver illustrato le priorità del programma politico, il documento italiano è molto netto per quanto riguarda la “job description” del futuro presidente della nuova Commissione europea: “L’Italia – vi si legge – sosterrà i leader che condividono i nostri punti di vista sul futuro dell’Europa e sono determinati a promuovere le priorità” descritte in precedenza.
“Per fare questo, bisognerà che il nuovo presidente della Commissione europea abbia coraggio e inventiva, che sia determinato a spingere avanti le cose, pronto a difendere le prerogative della Commissione ma anche a guardare negli occhi i capi di Stato”, osserva il documento del governo, dipingendo un ritratto che si allontana molto da quello dell’attuale capo dell’Esecutivo comunitario, José Manuel Barroso, sempre attento a non urtare le sensibilità dei governi più importanti, e a evitare di fare proposte a loro sgradite o di procurare loro troppi fastidi.
Il suo successore, invece, insiste il governo italiano, dovrà “esigere il rispetto delle regole europee, ma anche essere in grado di pensare fuori dagli schemi (‘think out of the box’, ndr); essere inventivo, ed esplorare nuovi percorsi, guardando al lungo periodo per l’impatto delle politiche Ue”. In altre parole dovrà essere “un catalizzatore di cambiamento”.
L’Italia, conclude il documento, dal nuovo presidente della Commissione non accetterà di sentirsi dire: “Questo è il modo in cui le cose sono sempre state fatte finora”, ma vorrà sentirsi rispondere invece: “Questo è un nuovo inizio per l’Europa”.
Lorenzo Consoli per TMNews










giovedì 12 giugno 2014

NON C'E' PIU' NIENTE DA FARAGE. BUONA FORTUNA!

Ci hanno venduto la Fontana di Trevi.
E noi ce la siamo comprata, come un qualunque allocco di turista americano!
Avevo deciso di non esprimermi più sull'argomento, ma oggi si è consumata una farsa di cattivissimo gusto in cui uno vale uno solo nella misura in cui è d'accordo con chi ha già deciso per lui.
E certamente l'uno che decide di mettere in votazione Farage come un plebiscito su decisioni già prese, (nonostante il gruppo non esista più e Farage non sia più il capodelegazione dello UKIP)  vale di più dell'uno che avrebbe preferito potersi esprimere anche sui Verdi,  la GUE, i liberali o il gruppo della Le Pen.
Ormai la decisione  (quantunque con procedure che hanno oltrepassato i limiti del ridicolo e del buon gusto), è presa, e certamente, non c'è più niente da ... Farage.

Allora andrò per sommi capi, perchè mi sono oltremodo stancato di questo processo di instupidimento collettivo (e non di intelligenza collettiva come ama ripetere qualcuno) che sta generando una morbosa ottenebrazione mentale da parte di un blog ridotto a Pravda / passa-veline-degli-inglesi che ha santificato Farage e demonizzato i Verdi Europei oltre ogni decenza.
Non voglio confutare tutte le altre bufale messe in circolazione ad arte contro i Verdi  (tipo che sarebbero servi della Merkel o guerrafondai), perchè mi sono stancato anche di fare l'avvocato difensore di gente che, (ripeto!) ho combattuto in campagna elettorale per le loro posizioni antagonistiche e velleitarie in Italia.

Ma constato che la disinformazione sistematica è stata adottata a metodo scientifico per creare consenso rispetto a decisioni già prese e dissenso rispetto a altre possibili opzioni che potevano metterle in pericolo.

Dalla disinformazione sistematica nascono le società autoritarie.
Io non posso essere complice di questa operazione.
Da qui la necessità di questo post.

1) VERDI E FISCAL COMPACT
Premetto che mi sono speso senza risparmio e girato l'Italia in lungo e in largo per ottenere la vittoria  per il
Philippe Lamberts, neo eletto Co-Presidente
del gruppo dei verdi europei.
M5Sa queste europee e ho avversato in tutti i modi i verdi, specialmente in Puglia dove più aspro era il contrasto. Ma dire che i Verdi Europei  hanno votato per il Fiscal Compact è SEMPLICEMENTE FALSO!
I Verdi Europei non hanno votato per il Fiscal Compact, per un motivo molto semplice: il Fiscal Compact è stato deciso come trattato intergovernativo, sulla testa del parlamento e senza che esso potesse intervenire in alcun modo.
Del Fiscal Compact si sono assunti la responsabilità unicamente i membri dei  governi, fra cui quel Cameron che fa parte dell'ECR in cui il M5S finirà per confluire! Complimenti!

I Verdi invece hanno votato per una mozione di censura del Fiscal Compact, che è l'unica cosa che è stata votata al Parlamento Europeo. Mozione di Censura contro cui invece ha votato lo UKIP.
Per cui se proprio dobbiamo parlare di Fiscal Compact, la realtà è questa: i Verdi hanno votato contro. Lo UKIP a favore.
http://www.verdieuropei.it/altro-che-storie-non-abbiamo-mai-sostenuto-il-fiscal-compact/

2) LA DIFFERENZA FRA NOI E LORO E' ESISTENZIALE
Invece di  Fiscal Compact vorrei parlare di SOCIAL COMPACT.
Farage è un profeta del libero mercato selvaggio e orientato puramente al profitto.
Reddito di cittadinanza? Non se ne parla nemmeno: è una cosa da parassiti.
Per lui la competitività delle imprese si raggiunge solo se in questo libero mercato globale i nostri lavoratori si abbassano diritti e condizioni ai livelli di quelli dei cinesi, dell'India del Brasile.
Paradisi fiscali. La vera ragione della cacciata di Borghezio.
Per Farage bisogna lavorare di più essere pagati di meno, andare in pensione più tardi per crere profitto per grandi corporations (che pagano i suoi servizi di trader (=speculatore finanziario) che mettono le loro fortune in paradisi fiscali che lui protegge fino alla morte anche perchè altrimenti non saprebbe dove trasferire i fondi del conto di cui è nell'isola di Man, ragione per la quale Borghezio lo ha attaccato ed è stato cacciato, altro che Kiengè. Ma questo naturalmente, la Pravda non ce l'ha detto!).
La ricetta di Farage per uscire dalla crisi, è questa: ultraliberismo selvaggio e spietato.
Con lui il Social Compact ce lo sogniamo!

E' questa l'idea di Europa urlata in tutte le piazze da Beppe Grillo e per la quale abbiamo preso milioni di voti?
No!!!
Noi abbiamo parlato di una Europa Sociale, col reddito di cittadinanza, l'estensione delle protezioni sociali a tutti, in cui si lavora di meno e si guadagna di più, si va in pensione più presto e ci si dedica agli affetti e alle cose veramente importanti della vita.

Una Europa che sia una COMUNITA' di cittadini in cui nessuno rimane indietro, e non una UNIONE di banche e di Stati regolati solo dal libero mercato selvaggio (che è esattamente l'idea di Europa di Farage e dello UKIP come potrete ascoltare con le vostre orecchie dalla sua voce al minuto 14:20 di questo video fattogli da Claudio Messora su Byoblu in tempi non sospetti (oppure fin troppo sospetti...)
http://www.youtube.com/watch?v=_3QoUEHDqog

Possiamo fare una alleanza con una formazione politica che è portatrice di una filosofia esistenziale così radicalmente opposta alla nostra? No! Voteremmo in modo opposto almeno il 90% delle volte e prima o poi avremmo gravi problemi di credibilità, oltre che di efficacia delle politiche che vogliamo portare a Bruxelles!
E milioni di italiani che hanno votato M5S alle Europee, se avessero saputo fin dall'inizio che era in programma un'alleanza contronatura con uno che voleva esattamente il contrario di questa idea di Europa, come avrebbero votato?
Io credo che oggi non ci staremmo nemmeno ponendo il problema della collocazione europea degli eurodeputati, perchè non avremmo superato LA SOGLIA DI SBARRAMENTO del 4%


3) LIBERTA' DI VOTO E LIBERTA' DI FARE POLITICA L'argomento dell'alleanza con libertà di voto è una bufala degna di Totò che vende la fontana di Trevi a turisti piccioni americani (che siamo noi).
Farage ce l'ha data a bere, il che è paradossale per un inglese, (popolo che notoriamente è più bravo a bere che non "a darla a bere", specialmente a noi italiani).
Farage ce l'ha data a bere
In tutti i gruppi vige libertà di voto!
A mia conoscenza i deputati del PD che votarono contro Barroso pur facendo parte di un gruppo che aveva deciso di votare a favore, non sono stati cacciati e hanno concluso la legislatura nel gruppo S & D.
Il problema non è che saremo stati obbligati  a votare per il nucleare o contro le rinnovabili con Farage, ma che nel suo gruppo non avremo mai la credibilità per portare avanti gli obiettivi per i quali il M5S si è presentato a queste elezioni europee.
Cioè, non potremo mai  fare politica.

Come si può fare politica in un gruppo da cui si dissente al 99%?
Dire, come ha fatto il blog per settimane, "andiamo con Farage tanto quando non siamo d'accordo ci fa votare liberamente" è una idiozia offensiva dell'intelligenza media dell'attivista 5 Stelle che si è impegnato da sempre contro i valori di Farage.
Solo chi non ha alcuna idea delle dinamiche politiche europee poteva suggerire una cosa simile che equivale a dire stiamo andando in Europa per votare il 99% delle volte contro i colleghi di gruppo e insieme a colleghi di gruppi avversari.
Alla lunga non regge.
Alla lunga il gruppo si spacca e la ricomposizione di alleanze meno innaturali non può essere nè facile nè indolore perchè nel frattempo si sarà perso un sacco di tempo e di immagine.
E perchè poi?
Perchè Farage e Grillo si stanno simpatici?
Ma V........... !!!!!!

4) L'ULTIMO CONIGLIO USCITO DAL CILINDRO : IL GRUPPO ECR
La scusa che i Verdi non ci volevano è una pericolosissima arrampicata sugli specchi.
I Verdi sapevano di contatti con Farage da oltre un anno e non sono stupidi.
Josè Bovè e Rebecca Harms ci hanno fatto una apertura più che ragionevole.
Ci hanno detto: "decidete che volete fare e poi fateci sapere"
Influenti membri del gruppo come Yannick Jadot, ex direttore di Greenpeace Francia e Isabelle Durande ex ministro dell'ambiente belga hanno confermato, anche nel corso di incontri riservati, questa posizione di apertura.
Perfino il neo eletto Presidente Philippe Lamberts me lo ha confermato personalmente quando l'ho chiamato per congratularmi per la sua elezione, e mi ha confermato che non capiva cosa stesse succedendo nel M5S. Ho dovuto confessargli che eravamo in due.
Non potevo dirgli che ormai era troppo tardi, che ormai tutto era stato deciso  "colà dove si puote lo che si vuole"

Cameron. Fratelli coltelli con Farage
E cioè che si era deciso, "Verdi no!" e nemmeno GUE, ALDE, EAF (Le Pen), mentre improvvisamente e inaspettatamente ecco spuntare a sorpresa l'opzione ECR, il gruppo dei conservatori britannici del primo ministro Cameron, acerrimo nemico proprio di Nigel Farage,
(ma compagno di fede nuclearista), che sicuramente avrà fatto ponti d'oro per affondare definitivamente le chance per Farage di formare un suo gruppo.
Ma è lecito domandarsi chi lo ha deciso? E chi ha negoziato con loro? Quando sono state aperte le trattative? Con chi? Quando sono state chiuse) Cosa è stato deciso? E come mai non se n'è saputo niente fino al momento del voto?
David Cameron, "eroe" dell'associazione nucleare italiana!
Non sono interrogativi di poco conto perchè allo stato attuale questa sembra l'ipotesi più plausibile visto che le regole assurde di questa votazione prevedono che se il gruppo prescelto EFD non riuscirà a formarsi si passerà automaticamente alla seconda scelta, e cioè ECR, a meno che non si voglia davvero finire nei non iscritti. Sembra quasi una votazione proordinata per giustificare un improvviso cambio di strategia con approdo finale nel gruppo che non ti aspetti.

Un gruppo dove i 17 del M5S passeranno il tempo in delicate conversazioni civili sulla inopportunità del nucleare e sulla necessità di non privatizzare proprio tutti tutti tutti  i beni comuni, con interlocutori Thatcheriani seduti in modo composto su divani neo classici, sorseggiando Early Gray Thea e pasticcini.

Avrei mille altre osservazioni da fare ma ormai è tutto inutile.
La forzatura è compiuta.
I danni incommensurabili di immagine ma anche di agibilità politica per il M5S non tarderanno a manifestarsi. Alcuni commentatori sulle chat si dicono soddisfatti e invitano a mettersi alle spalle la questione e a cominciare a lavorare.
Bene!
Cominciate pure!
Buona fortuna!

E grazie a chi ha trovato il tempo di leggere questa mia ultima (e davvero ultima!) donchisciottata.





lunedì 9 giugno 2014

Democrazia italiana CLINIcamente morta

In un paese normale, il caso di Clini, lo spregiudicato travet ministeriale che diventò Ministro e poi venne arrestato per peculato ( pratica per essersi  appropriato del  danaro pubblico che doveva gestire e amministrare), sarebbe stato oggetto di infinite analisi, titoli cubitali sui giornali (gli stessi giornali che lo esaltarono quando diventò ministro) e di dibattito in tutti i talk show del Paese (quegli stessi talk show che lo invitavano in continuazione a esprimere con fare affabile e voce suadente opinioni fatte di nulla  o peggio di interessi lobbistici ).
Conobbi Clini a una conferenza a Bruxelles nel 2007 mentre stavamo facendo la battaglia per far firmare a quanti più deputati europei la Dichiarazione Scritta 216/2007 per la terza rivoluzione industriale e una Europa "post carbon e post nuclear". Ebbe il coraggio di dirmi che si trattava di una utopia irrealizzabile che avrebbe fatto perdere di competitività alle imprese europee rispetto a quelle cinesi (che lui conosceva bene, visto che lo foraggiavano...).
L'ultima fatica di Jeremy Rifkin...
Tre anni dopo, a pacchetto clima energia 20 20 20 approvato, diresse da dietro le quinte il voltafaccia del governo Berlusconi e della non-ministra dell'Ambiente Prestigiacomo sulle politiche climatiche e energetiche con lo stesso argomento della competitività dell'impresa europea. L'Italia rimediò una pessima figura mentre la realtà dei fatti stava già dimostrando che era vero il contrario. L'impresa diventa più competitiva non meno competitiva, quando l'energia è sostenibile. Ormai il fotovoltaico ha raggiunto il 7% della quota di energia consumata in Italia e ha abbassato a zero in alcune ore delle giornate di giugno il costo dell'energia (anche se non se n'è accorto nessuno perchè l'ENEL fa il prezzo della bolletta arbitrariamente, senza tener conto della riduzione dei costi marginali dovuta alle rinnovabili).
Infatti oggi, in anticipo su quanto previsto dalla suddetta Dichiarazione Scritta del parlamento Europeo, siamo già in uno scenario post carbon. Cioè, per parafrasare l'ultimo lavoro di Jeremy Rifkin, uno scenario di costo marginale zero: il sole e il vento sono gratis, per cui investire in tecnologie rinnovabili significa liberarsi dei costi marginali mentre investire in tecnologie fossili significa entrare  (come la Sorgenia di De Benedetti) in un inferno economico di volatilità dei prezzi e dipendenza da potentati che dirigono la geopolitica mondiale dell'energia in spregio alle regole inconfutabili della termodinamica e agli equilibri della biosfera.
Presentazione del Master Plan con Rifkin e Alemanno
 (poi tradito da quest'ultimo su istigazione di Clini)
Quando  Clini capì che la battaglia contro le politiche energetiche dell'UE ( il 20 20 20)  era persa decise di fare di necessità virtù e cominciò a offrire consulenze a comuni sul Patto dei Sindaci.
Dibattito sull'energia a Roma con
Alemanno e Pisapia










Ce lo ritrovammo fra le ruote anche a Roma, quando con Livio de Santoli stavamo scrivendo il Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile (PAES) della Capitale, che cercò di annacquare in ogni modo, senza riuscirci solo perchè io e Livio tenemmo duro. Io dovetti arrivare a minacciare Alemanno che se insisteva a dare retta a Clini, avrei informato Rifkin che avrebbe pubblicamente sconfessato il piano che Clini voleva imporre con il ricatto e la lusinga dei finanziamenti. Mi divenne chiaro in quella occasione come questo losco personaggio fosse uso a utilizzare i fondi (ingenti) a sua disposizione per garantirsi spazi di azione politica e di potere (oltre che vantaggi economici). Infatti la sua entrata a gamba tesa sul PAES di Roma fu un'azione parallela alla concessione di 1 milione di Euro a Roma Capitale per allestire un non meglio identificato "Osservatorio per i Cambiamenti Climatici" che più che altro sembrava essere una mangiatoia per la vecchia politica.
Loro ci cascarono, io e Livio no.
Tenemmo duro e alla fine a Bruxelles andò il piano elaborato dalla Sapienza e dal CETRI-TIRES.
Ma Dio mio, che faticaccia!

Del resto fu proprio Clini a far saltare il finanziamento per  i distributori di idrogeno in Puglia per i quali c'era un accordo di programma
 fra l'allora Ministro Pecoraro Scanio e la Regione Puglia.
Non appena Pecoraro fu sostituito dalla non ministra Prestigiacomo, Clini intervenne e fece "sparire i soldi" Non lo dico io. Lo  ammette candidamente lui stesso in questo video incalzato da Nicola Conenna, Presidente della Fondazione Università dell'Idrogeno

Distributore sperimentale di idrogeno e auto a idrogeno
della Universitàdell'Idrogeno in Puglia. Clini fece saltare
il progetto dei distributori negli aeroporti pugliesi, finanziato
dall'allora Ministro Pecoraro Scanio. Chissà perchè...


 https://www.youtube.com/watch?v=rSR-MdN37vQ

Guardate in questo video di due minuti la sua supponenza e la sua incompetenza, mentre Nicola Conenna lo asfalta con eleganza.
Purtroppo però i soldi dalla parte del manico ce li aveva lui e il progetto non si fece più.
Alla luce dei recenti sviluppi dobbiamo ammettere forse non riuscimmo a toccare le corde giuste perchè il finanziamento andasse in porto. Probabilmente piuttosto che chiedergli la sua opinione sui distributori, Nicola avrebbe dovuto chiedergli il numero del suo IBAN in Svizzera.
Abbiamo perso il finanziamento, ma  abbiamo ancora, integra, la faccia.
La stessa cosa non può dirsi di lui...

Mentre era ministro  e tutti lo lodavano per il suo misurato equilibrio scrissi più volte contro questo personaggio ambiguo e ipocrita  sul mio blog denunciando senza mezzi termini la sua incredibile faccia tosta come in questo articolo   dal titolo INCLINI AL RICATTO DELL'ILVA, in cui denunco le incredibili dichiarazioni che Clini rilasciò sull'ILVA minimizzando il disastroso impatto sulla salute dei Tarantini del criminale impianto siderurgico.

(http://angeloconsoli.blogspot.it/2012/08/inclini-al-ricatto-dellilva.html).

E prima ancora ero dovuto intervenire per correggere l'ipocrita tentativo di Clini di fermare il fotovotaico distribuito con la scusa di evitare il fotovoltaico nelle campagne, chiudendo la stalla a buoi già scappati

(http://angeloconsoli.blogspot.it/2012/02/pomodori-e-pannelli.html)

Si raccontano anche strane storie sulla inamovibilità di Clini come Direttore del Ministero dell'Ambiente, di rimozioni all'ultimo secondo da parte di ignote "manine" di norme che ne limitavano il potere  da decreti governativi.

Però oggi, di fronte al suo arresto, c'è solo una considerazione da fare. In Italia l'unica cosa che funziona in modo decente è la magistratura, che arriva sempre prima di una politica letargica e fossile, a colpire corruzione e malcostume, mentre i media non funzionano affatto. Una democrazia in cui l'arresto di un personaggio proveniente dal giurassico craxiano,  rotto a ogni malversazione di danaro pubblico, viene oscurato dai media nazionali, è una democrazia CLINIcamente morta...