martedì 28 febbraio 2023

La destra, l'Europa e gli arabi.

 

Per attuare quanto previsto nel Green Deal europeo, l’anno scorso è stato approvato definitivamente il pacchetto Fit for 55 (Pronti per il 55%), che prevede una serie di misure atte a abbassare le emissioni nette di gas a effetto serra a zero per il 2050 e almeno a meno 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

La prima di queste misure riguarda l'aumento ad almeno il 40% della produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, e comporta  una forte accelerazione al loro sviluppo, come indicato anche dal piano REPowerEU, approvato in reazione all'invasione russa dell'Ucraina, e mirato a rendere l'Europa non dipendente dal fossile russo. A questo scopo si prevedono risorse finanziarie aggiuntive per accelerare la transizione. 

Un'altra misura, sempre nell'ambito della strategia Fit for 55,  consiste nella messa al bando delle auto a combustione interna a partire dal 2035 (appena approvata dal Parlamento europeo), e sulla quale le lobby "termiche", specie italiane, sono scatenatissime, come vediamo dall'iperattivismo italiano che è riuscito a ottenere, se non un rinvio della scadenza del 2035 (questo non l'otterranno mai) almeno un rinvio della decisione in sede di consiglio dei ministri.

Inoltre è in corso di approvazione una nuova direttiva sull’efficienza energetica degli edifici, che in Europa, e anche in Italia, sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni. Questa nuova direttiva, approvata anch'essa dal Parlamento europeo, prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028 e dovranno adottare tecnologie solari a meno che non sia tecnicamente

impossibile, per ragioni geografiche, architettoniche o strutturali , mentre quelli  esistenti dovranno raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e la D entro il 2033 e che il settore pubblico debba ristrutturare il 3 % dei suoi edifici ogni anno.

Tutte queste misure sono diversissime fra loro, hanno campi di applicazione e tempi di realizzazione differenti, e insistono in ambiti diversi dell'economia, ma hanno una cosa in comune: i partiti della destra italiana sono contrari. 

Essi non sono però contrari alla decisione di fare dell’Italia l’hub del gas europeo, una strategia vecchia come il cucco e ormai sorpassata, e riesumata in vita sotto il millantato e pomposo nome di "Piano Mattei", come annunciato dalla Premier in una trasferta libica in si cui era docilmente accodata all'AD di ENI, andando a sponsorizzarne gli affari nel Nord Africa.  

Stiamo dunque per fare investimenti miliardari nelle trivellazioni nel mar della Libia con tempi di ritorno secolari e enormemente più lunghi di quanto previsto dall'Europa come scadenza oltre la quale si potrà e dovrà avere fare a meno del gas. In pratica faremo da "hub" di un gas che nessuno vorrà più. Una decisione che avrebbe avuto un senso solo se l'Europa non avesse una strategia chiara che va sotto il nome di Green Deal Europeo e quindi sarebbe ancora dipendente dal gas per lungo tempo. Ma così non è, purtroppo per i monopoli fossili. Non può dunque avere alcun senso economico investire 10 miliardi in Libia  (e non si sa quanti in Algeria) per sfruttare nuovi giacimenti di un gas ormai fuori mercato grazie alla maggiore convenienza economica delle rinnovabili.

Oltretutto questo piano non risolve neanche il problema contingente del gas russo, perché il nuovo gas arabo eventualmente prodotto sarebbe disponibile solo a partire dal 2026, quando la crisi dovrebbe essere già passata. Sono investimenti sottratti alle fonti rinnovabili, dove sarebbero ben più necessari e convenienti. E a quelle strategie dell'idrogeno che l'attuale governo sta ostacolando in tutti i modi.
La diffusione delle rinnovabili in Italia è ritardata da una burocrazia allucinante che impone procedure autorizzative folli e lunghissime. E nulla fa il governo per superare questo problema, e del resto perchè dovrebbe, visto che le procedure autorizzative non sono calate dall'alto da una autorità aliena ma sono decise proprio dai poteri pubblici.

Se quello delle autorizzazioni farraginose per le rinnovabili e del nostro ritardo rispetto agli obiettivi stabiliti dall'Europa fosse percepito come un problema da questo governo, esso avrebbe nominato un Commissario Straordinario alle rinnovabili, come non ha esitato a fare  per i rigassificatori di Piombino e di Ravenna. ancora una volta per approvvigionarsi di un gas d'oltre oceano ormai fuori mercato.

Per non parlare dell'abolizione dell'eco bonus per l’efficienza energetica degli edifici, che certo poteva essere migliorato, per evitare abusi e garantire che i benefici fossero garantiti alle fasce di popolazione maggiormente bisognose, (in Italia nel 2021 erano in condizione di povertà energetica l’8,5% dei cittadini 2021), ma non andava bloccato insieme a tutto il processo di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano, il più vecchio ed energeticamente dissipativo d'Europa.

L'attuale governo, si oppone anche alla direttiva SUP (Single Use Plastic) che vieta la plastica usa e getta ed è centrale per l'economia circolare, ancora una volta una iniziativa contro la strategia europea del Green Deal Europeo, del quale questo provvedimento è un pilastro.


 La linea politica di questo governo è inequivocabile: ostruzionismo feroce al al Green Deal Europeo e a tutte le politiche di sostenibilità e ambientali. E qui viene spontaneo domandarsi se questo sia nell'interesse di quel "Paese" di cui molto spesso ci si riempie a sproposito la bocca,  o non sia piuttosto nell'interesse di quei grandi gruppi fossili che dall'efficienza energetica hanno tutto da perdere perchè il loro business model consiste nel vendere, con enormi margini speculativi,  quanto più gas possibile, facendo profitti monumentali a danno dei cittadini e di quella transizione energetica che così viene ritardata il più possibile, in spregio alle raccomandazioni e alle prescrizioni europee.

Anche gli Usa  si sono lanciati a testa bassa nella riconversione del loro modello energetico per ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2030, e prefigurano un futuro fatto di fonti rinnovabili e auto elettriche con un piano da 739 miliardi di dollari.

Nel frattempo è iniziata la commiserazione martirizzante a reti unificate di una indifendibile ENI o di aziende destinate a scomparire perché superate dalla storia e dalla tecnologia, oltre che fuori mercato, come i produttori di componentistica per per auto a benzina e diesel. 

Si può davvero continuare a favorire auto inquinanti e case energeticamente insostenibili mettendosi fuori dalla storia e dal mercato? Si può davvero  mettere in discussione la causa antropica del cambiamento climatico, ostacolando tutte  le politiche europee di decarbonizzazione nei settori dell'edilizia, dell'industria, dei trasporti? Si può davvero rimanere indifferenti alle 80.000 morti premature all’anno dovute all’inquinamento dell’aria, che nelle nostre città si ridurrebbe enormemente se ci fossero solo auto elettriche e a idrogeno e pompe di calore al posto delle caldaie a gas e altri fossili? Si può davvero continuare a immunizzare da qualunque responsabilità penale i criminali che sacrificano vite umane al Dio Acciaio nell'Ilva di Taranto?

Per anni FdI e Lega hanno ripetuto i loro mantra anti europei, proponendo di uscire  dall’Euro e dall’Europa. Poi appena arrivati al potere riprendono le ostilità  attraverso il rifiuto del Green Deal, (espressione di una forte identità europea),sostenendo una specie di Italexit a petrolio, che fa solo ridere, e li rende alleati degli odiati poteri islamici, e oppositori dei loro  alleati più naturali con le loro politiche di sostenibilità energetica e ambientale, per offrirsi con una mela in bocca ai tanto vituperati arabi e russi. 

Ma forse quando fanno gli interessi dell'Eni e dei petrolieri, gli arabi non vi fanno più così tanto schifo? Però per quanto tempo ancora questo governo crede di farla franca facendo accordi con gli "odiati" arabi a danno degli italiani e dei propri elettori?