mercoledì 22 aprile 2020

CONSIGLI NON RICHIESTI AL CONSIGLIO EUROPEO


Oggi si riunisce il Consiglio Europeo in video conferenza per decidere su quello che ormai è conosciuto come Covid Recovery Plan.

Il dibattito europeo sembra essersi polarizzato sui due estremi: da un lato i 'falchi' che preferirebbero una rigida applicazione dei parametri di Maastricht e delle pesanti condizionalità previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità -MES- (1), e dall'altro le 'colombe' che invece vorrebbero attivare strumenti 'nuovi' (e quì le virgolette sono d'obbligo e adesso vedremo perché), come i Corona Bonds, i Recovery Bonds o come diavolo decideranno di chiamarli.
Ma sia permesso rilevare che sia falchi che colombe sono completamente fuori strada. Commettono cioè lo stesso errore, che è quello di rimanere prigionieri entrambi della logica del debito, e differiscono solamente sulle modalità e le cosiddette 'condizionalità' della restituzione. 
Ma sempre di debito si tratta. E come ci si aspetta che imprese e commercianti e enti pubblici deprivati di ogni entrata, (ma non delle uscite purtroppo...) siano in grado di ripagare tali debiti?
E come ci si aspetta che le nostre imprese possano competere su scala globale con imprese i di Paesi i cui governi abbiano coperto le perdite con finanziamenti a fondo perduto?
JEAN-PAUL FITOUSSI
È importante sottolineare che questo è anche l'autorevole punto di vista anche di oltre cento fra i principale economisti Europei fra i quali, Fitoussi e Galbraith.
Infatti con un appello intitolato Ue, l’accordo all’anno zero (2), gli studiosi constatano che
l'accordo raggiunto dall’Eurogruppo il 9 aprile scorso sugli interventi europei per fronteggiare la pandemia e le sue gravissime conseguenze economiche è insufficiente, prefigura strumenti inadatti e segna una continuità preoccupante con le scelte politiche che hanno fatto dell’eurozona l’area avanzata a più bassa crescita nel mondo.
L'appello spiega che tale accordo
non prende atto dell’eccezionalità della situazione, senza precedenti almeno nell’ultimo secolo, né del fatto che questo sconvolge i paradigmi che hanno guidato la politica economica negli ultimi decenni. Tra i ministri delle Finanze sembra prevalere l’idea che quanto sta accadendo possa essere circoscritto nel tempo a una parentesi relativamente breve, chiusa la quale si possa tornare senza problemi a comportarsi come prima. Non è così, come ha ben spiegato una personalità di riconosciuta competenza come l’ex presidente della Bce Mario Draghi, continua il testo, che poi spiega che l’eccezionalità delle circostanze dovrebbe far prendere in esame provvedimenti eccezionali, che dovrebbero avere almeno due caratteristiche essenziali:
- essere attivabili in tempi il più possibile brevi;
- ridurre al minimo possibile l’aumento dell’indebitamento degli Stati, già destinato inevitabilmente a crescere per finanziare gli interventi indifferibili per ridurre i danni della crisi.
E tanto per essere più chiari precisano che
la sola opzione che risponda a questi due requisiti è il finanziamento monetario di una parte rilevante delle spese necessarie da parte della Banca centrale europea. Si tratta di una opzione esplicitamente vietata dai Trattati europei. Ma anche i trattati, in caso di necessità, possono essere sospesi nel rispetto del diritto internazionale e questo è oltretutto già avvenuto.
La monetizzazione di spese giudicate inderogabili non è una procedura inusitata. È stata appena formalizzata nel Regno Unito, mentre le più importanti banche centrali del mondo – Federal Reserve e Bank of Japan – la praticano di fatto. In Italia viene ormai proposta da economisti dei più diversi orientamenti: è raro che una proposta venga condivisa da diverse scuole di pensiero.
E infine il gruppo di economisti firmatari concludono che
al prossimo Consiglio dei capi di Stato e di governo, che dovrebbe ratificare l’accordo dell’Eurogruppo, l’Italia dovrebbe invece rigettarlo, e proporre che la parte più importante degli interventi anti-crisi, il cui volume dovrebbe raddoppiare per estendersi almeno al prossimo anno, sia attuata con un intervento della Banca centrale europea
e coraggiosamente ricordano che
In caso di rifiuto da parte degli altri partner, la strada meno dannosa sarebbe quella di dare seguito a ciò che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto di recente: per questa emergenza, “Faremo da soli”.
L'appello degli economisti finisce qui. 
Ma è doveroso ricordare che anche in seno alle istituzioni europee peraltro si è iniziata a levare una voce autorevole verso la monetizzazione del debito: in un’intervista al Financial Times dello scorso 8 aprile François Villeroy de Galhau, Governatore della Banca di Francia e membro del consiglio direttivo della BCE, ha lanciato l’idea di stampare denaro perdarlo direttamente alle imprese come azione di emergenza contro la deflazione. E se lo dice un banchiere centrale di una delle nazioni più importanti dell’Unione c’è da credere che sia
possibile. Noi invece vorremmo andare oltre e ricordare che a  ottobre scorso si è insediata la nuova presidente Ursula Von Der Leyen che ha indicato Il Green New Deal come strategia fondante della Commissione Europea dalla sua nuova nel suo discorso inaugurale e nella introduzione alla strategia della nuova Commissione in cui la Presidente paragonò il Green New Deal per l’Europa a quello che ha rappresentato, in quanto sfida epocale, l’uomo sulla luna per gli USA. 
Il Green New Deal implica profonde trasformazioni economico sociali che non si limitano alla sola transizione energetica e alla lotta al cambiamento climatico ma comportino anche una nuova strategia di sviluppo economico e occupazionale e la redistribuzione della ricchezza, accorciando le filiere a cominciare dall'agricoltura, e garantendo un reddito alle imprese locali a discapito delle grandi multinazionali
Poi, improvvisamente, arriva questo maledetto virus, e la conseguente catastrofica emergenza sanitaria globale, e in sede Europea si comincia a andare in ordine sparso e a occuparsi solo e solamente delle questioni legate al Coronavirus, in modo talmente goffo e maldestro, che la Presidente è stata costretta a chiedere scusa pubblicamente all'Italia per averla abbandonata nel primo mese della pandemia.
Adesso si comincia a parlare di RECOVERY PLAN, perchè il virus oltre a fare decine di migliaia di vittime, sta anche distruggendo come tutti sappiamo, l'economia globale.
Ma un piano di recupero è insufficiente per mettere una toppa al buco enorme provocato dalla pandemia. Ben altro sarebbe necessario. Cosa?
Niente di più che il famoso piano Green annunciato dalla Commissione Europea a dicembre scorso.
Infatti le proposte formulate dalla Commissione Europea nel quadro della sua nuova strategia green sono precise e avanzatissime, e sono esattamente quello di cui c'è bisogno per riprendersi dalla crisi economica. Quindi, l'Unione Europea, se vuole recuperare il suo spirito originario, quello del sogno europeo, deve mettere da parte politiche improvvisate atte a inseguire l'emergenza e continuare dritto per la sua strada come stava già facendo.
Ecco che tipo di ripresa si deve finanziare con i bond, col MES o con qualunque altro strumento finanziario che si deciderà di adottare. Strumento, appunto. Non bisogna dimenticare infatti che quelli finanziari sono solo degli strumenti che non possono diventare i fini dell'azione europea -come purtroppo è stato fatto in passato. I fini sono altri. E sono definiti in modo esauriente nel GREEN DEAL EUROPEO appena presentato e troppo frettolosamente accantonato davanti alla pandemia.
Il recovery plan europeo è già pronto senza doversi scervellare più di tanto. Speriamo che Giuseppe Conte se ne ricordi in sede di consiglio Europeo giovedì prossimo quando intende andare a sbattere il pugno sul tavolo per i corona bond e contro il MES. E, naturalmente, speriamo che se ne ricordi anche i membri del Consiglio Europeo oggi.
Note:
(1)

(2)

FIRMATARI

Nicola Acocella (univ. Roma La Sapienza)
Giorgio Alleva (
univ. Roma La Sapienza)Davide Antonioli (univ. Ferrara)
Amedeo Argentiero (univ. Perugia)
Pier Giorgio Ardeni (univ. Bologna)
Alberto Avio (univ. Ferrara)
Lucio Baccaro (Managing Director, Max Planck Institute, Colonia)
Alberto Baccini (Univ. Siena)
Roberto Balduini (economista, Roma)
Federico Bassi (univ. Paris Nord)
Annaflavia Bianchi (economista, Bologna)
Maria Luisa Bianco (univ. Piemonte Orientale)
Francesco Bogliacino (Univesidad Nacional de Colombia)
Paolo Borioni (univ. Roma La Sapienza)
Luigi Bosco (univ. Siena)
Alberto Botta (univ. of Greenwich)
Carmelo Buscema (univ. della Calabria)
Sergio Bruno (univ. Roma La Sapienza)
Eugenio Caverzasi (univ. dell'Insubria)
Elena Cefis (univ. Bergamo)
Sergio Cesaratto (univ. Siena)
Federico Chicchi (univ. Bologna)
Roberto Ciccone (univ. Roma Tre)
Giulio Cifarelli (univ. Firenze)
Valeria Cirillo (univ Bari)
Carlo Clericetti (giornalista)
Caterina Colombo (univ. Ferrara)
Andrea Coveri (univ. Urbino)
Antonio Cuneo (univ. Ferrara)
Salvatore D'Acunto (univ. della Campania)
Massimo D'Antoni (univ. Siena)
Antonio Di Majo (univ. Roma Tre)
Giovanni Dosi (Scuola Superiore Sant'Anna)
Luigi Doria (univ. Ca' Foscari)
Lucrezia Fanti (ricercatrice, Roma)
Caterina Ferrario (univ. Ferrara)
Jean-Paul Fitoussi (Sciences Po, Parigi)
Thomas Ferguson (univ. of Massachusetts, Boston)
Guglielmo Forges Davanzati (univ. del Salento)
Maurizio Franzini (univ. Roma La Sapienza)
Andrea Fumagalli (univ. Pavia)
James K. Galbraith (univ. of Texas at Austin)
Mauro Gallegati (univ. Politecnica delle Marche)
Claudio Gnesutta (univ. Roma La Sapienza)
Antoine Godin (univ. Sorbonne Paris Nord)
Dario Guarascio (univ. Roma La Sapienza)
Andrea Guazzarotti (univ. Ferrara)
Alan Kirman (univ. Aix-Marseille)
Heinz D. Kurz (univ. Graz)
Valentino Larcinese (London School of Economics)
Andres Lazzarini (univ. of London e Roma Tre)
Riccardo Leoncini (univ. Bologna)
Emanuele Leonardi (univ. Parma)
Riccardo Leoni (univ. Bergamo)
Enrico Sergio Levrero (univ. Roma Tre)
Gianna Lotito (univ. Torino)
Stefano Lucarelli (univ. Bergamo)
Ugo Marani (univ. Napoli l'Orientale)
Maria Cristina Marcuzzo (univ. Roma La Sapienza e Acc. Lincei)
Massimiliano Mazzanti (univ. Ferrara)
Marco Missaglia (univ. Pavia)
Antonio Musolesi (univ. Ferrara)
Nicola Negri (univ. Torino)
Guido Ortona (univ. Piemonte orientale)
Ugo Pagano (univ. Siena)
Ruggero Paladini (univ. Roma La Sapienza)
Thomas Palley (Independent economist, Washington D.C.)
Dimitri B. Papadimitriou (Levy Economics Institute)
Valentino Parisi (univ. Cassino)
Gabriele Pastrello (univ. Trieste)
Paolo Piacentini (univ. Roma La Sapienza)
Paolo Pini (univ. Ferrara)
Paolo Polinori (univ. Perugia)
Cesare Pozzi (Luiss Guido Carli e univ. di Foggia)
Felice Roberto Pizzuti (univ. Roma La Sapienza)
Lionello Franco Punzo  (univ. Siena)
Michele Raitano (univ. Roma La Sapienza)
Simonetta Renga (univ. Ferrara)
Riccardo Realfonzo (univ. del Sannio)
Louis-Philippe Rochon (Laurentian University, Canada)
Umberto Romagnoli (univ. Bologna)
Roberto Romano (economista)
Sergio Rossi (univ. di Friburgo)
Vincenzo Russo (univ. Roma La Sapienza)
Roberto Schiattarella (univ. Camerino)
Mario Seccareccia (univ. Ottawa)
Alessandro Somma (univ. Roma La Sapienza)
Antonella Stirati (univ. Roma Tre)
Giuseppe Tattara (univ. Venezia)
Pietro Terna (univ. Torino)
Mario Tiberi (univ. Roma La Sapienza)
Stefano Tomelleri (univ. Bergamo)
Leonello Tronti (univ. Roma Tre)
Gianni Vaggi (univ. Pavia)
Marco Valente (univ. dell'Aquila)
Vittorio Valli  (univ. Torino)
AnnaMaria Variato (univ. Bergamo)
Carlo Vercellone (univ. Paris 8)
Matias Vernengo (Bucknell University, Usa)
Marco Veronese Passarella (Leeds University Business School)
Giulia Zacchia (univ. Roma La Sapienza)
Maurizio Zenezini (univ. Trieste)
Gennaro Zezza (univ. Cassino)

Nuove adesioni

Enzo Valentini (univ. Macerata)
Antimo Verde (univ. Tuscia)
Neri Salvadori (univ. Pisa)
Alberto Lanzavecchia (univ. Padova)
Salvatore Madonna (univ. Ferrara)
Jean Marie Monnier (univ. Paris 1 La Sorbonne)
Gianfranco Viesti (univ. Bari)
Carlo Giannone (univ. del Sannio)
Arsenio Stabile (univ. Siena)
Pasquale De Sena (univ. Cattolica Milano)
Francesca Coin (Lancaster University)
Davide Romaniello (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Matteo Deleidi (Università Roma Tre)
Lorenzo Di Domenico (Università Roma Tre)
Michele Bavaro (Università Roma Tre)
Lorenzo Germani  (Università La Sapienza)
Stefano Di Bucchinico (Università di Siena)
Gianluigi Nico (Food and Agriculture Organization)
Giacomo Cucignatto (Università di Roma Tre)

Sergio Bianchi (univ. Roma La Sapienza)
Luciano Vasapollo (univ. Roma La Sapienza)
Riccardo Pariboni (univ. Siena)
Walter Paternesi Meloni (univ. Roma Tre)
Fabrizio Antenucci (univ. Roma Tre)
Marc Lavoie (univ. of Ottawa)


Note:
(1)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/ue-appello-di-101-economisti-al-governo-non-firmate-quell-accordo/?fbclid=IwAR0_rW19LdVvA3XQs5eeBFGKWhgCzFR_5Rn_6onU2oC_0pi_GEXqxdR6ppE

martedì 21 aprile 2020

Omaggio a Clarence Clemons, sassofonista dell'anima!


Nel 1979 avevo abbandonato il sassofono per sempre. Dovevo fare l'avvocato e non stava bene andare in giro la notte per locali con il mio gruppo di smandrappati. Poi il mio amico Gianfranco mi diede una cassetta. Sopra c'era scritto a penna "Brus Springstin" e Borto Run (Gianfranco scriveva l'inglese foneticamente e era diventato famoso per una cassetta su cui aveva scritto Ronli Ston... ma quelli erano tempi in cui la musica circolava su cassette autoprodotte su cui si scriveva a penna secondo l'inglese maccheronico che si orecchiava da qualche DJ radiofonico dalla pronuncia non eccelsa e dalla grammatica approssimativa).  La traccia che dava il titolo all'album era la quinta. Quando le testine riprodussero la strofa "I want to know if love is wild, girl, we were born to run" il radioregistratore a cassette Sharp con cui ascoltavo  musica nella mia stanza all'università si  sollevò e rimase per qualche secondo  appeso come la risacca dell'onda prima dell'arrivo dello tsunami. 
Che si presentò sotto forma di assolo di sassofono. 
Note semplici in forma di terzine prima ascendenti, poi discendenti si susseguivano con la forza di un meteorite che ti si abbatte sulla testa. Sembrava di vedere le dita muoversi sui tasti. Il disegno melodico si ripetè due volte. La seconda si incartò in una terzina ripetuta con una sincope che lanciò una nota acuta da cui nacque una discesa vertiginosa fino agli inferi di quel grosso-grasso sibemolle basso, e quando sembrava che tutto fosse finito, invece le note si inerpicarono rapidamente su per la canna del sassofono fino a raggiungere le vette di un sovra-acuto che venne trattenuto giusto il tempo che la band cambiasse accordo e rilanciasse la tonalità per la ripresa della strofa cantata. Non so quante volte premetti il tasto rewind per risentire quella magia. Il primo impatto con i polmoni di Clarence Clemons fu questo. 
La sera stessa ricominciai a suonare. 
Quelli erano anni in cui suonare uno strumento era un valore. Chi aveva avuto il coraggio e il tempo di imparare a suonare, era ricompensato da numerose sincere amicizie. Nascevano gruppi come funghi. Alcuni straordinari, altri velleitari ma tutti uniti da una straordinaria passione per la musica, da una incontenibile voglia di "fare musica". Smettere di suonare a vent'anni (l'età che avevo in questa foto) non era normale. 
Ero prigioniero di una malintesa concezione della "serietà professionale" da cui mi sarei liberato definitivamente solamente un ventennio dopo quando un certo Bill Clinton riuscì a convincermi che si può suonare il sassofono e anche fare il Presidente degli Stati Uniti d'America, ma sto divagando... Insomma allora, in quell'estate del 1979, per capirlo mi ci voleva una emozione forte. 
E quell'emozione me la diede l'assolo di sax di  Clarence Clemons. "Voglio suonare come lui!, voglio fare esattamente lo stesso assolo, ripetere esattamente le stesse note, lanciare esattamente lo stesso grido di liberazione nel sassofono-megafono!" 
Ecco cosa succedeva a chi sentiva Clarence Clemons. Ma Clarence era molto di più di un sassofonista, per Bruce e anche per noi. 




Mariella Venegoni critica musicale de La Stampa, ha scritto "La fine di Clarence Clemons ieri 18 giugno, a 69 anni e mezzo, in seguito all'infarto che lo aveva colpito a Miami il 12 giugno scorso, lascia storditi e affranti gli appassionati di quel rock epico che non rinuncia ad essere giocherellone, rimandandoci al nostro Io-Bambino che non se ne vuole andare"
Con la sua immensa statura, il fisico corpulento, le treccioline dei suoi capelli, Clarence "Big Man" era un elemento imprescindibile della E-Street Band. Tramite il sax soffiava vigore e passione che inondavano il palco e il pubblico, e sapeva dare al rock un'impronta insieme malinconica e ritmicamente audace:   mescolava il suo istinto nero rhythm'n'blues con quello rock del suo fratello bianco, e capobanda che aveva conosciuto in New Jersey dove si era recato giovanissimo per fare del volontariato nei quartieri poveriFaceva molto sul serio senza prendersi sul serio: un'attitudine che solo i grandi posseggono. Clarence ti entrava dentro con il suo soffio. Rendeva la musica greve e lieve al tempo stesso, perchè con con tre  note riempiva una sequenza armonica con una tale intensità che la canzone senza il suo assolo perdeva peso, si disfaceva Infatti provate a immaginare "Thunder Road", "Born to run""Human touch" o le recenti bellissime "Radio Nowhere" e "Girls in their summer clothes", senza il soffio vitale di Clemons. Si 
depotenziano, diventano canzoncine ben suonate, con tutto il rispetto per il Boss. Lui faceva in modo che la canzone fosse in 
funzione del suo assolo e non viceversa. Avrebbe potuto suonare iljazz più sofisticato, entrare nei circoli esclusivi del "Village" e vivere 
una vita snob da epigono di John Coltrane. Invece ha scelto diseguire "The Boss", e ha messo il suo sassofono e la sua arte al 
servizio del sentimento più che della tecnica. Infatti i suoi disegni melodici non erano terribilmente complicati, ma l'emozione che ci metteva era irripetibile. Era come se dicesse "ragazzi, lo potete fare anche voi, ma metteteci sentimento! Non importa quanto veloce muovete le dita sui tasti del sassofono o quante scalate in Si Bemolle minore riuscite a mettere fra una nota e l'altra, ma l'importante è che quella nota gridi tutta la vostra gioia, o urli il vostro dolore,esprima quello che avete dentro, esponga la vostra anima!". 
E così ha vissuto una vita rock. 
E ha reso un po' più rock anche la mia. E quella di chissà quanti altri.
Grazie Clarence, per come facevi diventare vivo un pezzo di ottone attaccato a un'ancia di canna. E grazie per le  parole con cui ci hai lasciato in questa intervista in cui hai dimostrato anche la tua grandissima umanità. 
Play on Big Man!!!




L'intervista a Clerence Clemmons è qui






























mentre a questo link c'è  un emozionante tributo alla sua musica con





Bruce