Per la prima volta questo blog ospita un articolo co firmato anche dall'amico e fratello Yvan Sagnet.
Buona lettura.
In
un commento dal titolo “La
solitudine dell'indigeno italiano”
comparso ieri su Repubblica, Ezio Mauro commenta l'increscioso
episodio di Gorino concludendo
che “ sul
delta del Po, ieri è nata l'ultima nostra raffigurazione
contemporanea, spogliata del cosmopolitismo, dell'identità europea,
del multiculturalismo, del sentimento di cittadinanza del mondo. È
l'indigeno
italiano,
ciò che certamente noi siamo ma che non ci eravamo mai accontentati
di essere.
L'articolo
comincia con la riflessione che “non
ci voleva molto a prevedere quel che sta succedendo. La superficie
sottile della civiltà italiana - la solidarietà cristiana, la
fraternità socialista, il buon senso compassionevole liberale - si
sta sciogliendo nei punti più deboli della nostra geografia sociale,
i piccoli centri della lunga periferia italiana, i paesi di montagna
e di campagna, le isole ghettizzate all'interno delle grandi città”.
Ezio Mauro ” definisce meglio questo “indigeno italiano come espressione di un “ceto medio che viveva del proprio lavoro, e che con la crisi si sente precipitare nella mancanza di impiego e di futuro”, improvvisamente catapultato in una “guerra fra poveri” che oppone i penultimi agli ultimi, in pratica “una vera e propria lotta di classe in formato inedito, che mette di fronte la modernità esausta e logorata della democrazia occidentale con la primordialità dei mondi disperati che prendono il mare per cercare sopravvivenza, e nient'altro. Gli ultimi si trovano davanti i penultimi, che non vogliono concedere agli stranieri un millimetro di spazio sulla terra che considerano loro. Se non fossero scesi fino appunto al penultimo gradino della scala sociale (quello di un ex) non si sentirebbero sfidati direttamente dai richiedenti asilo che bussano alla nostra porta: non si sentirebbero "concorrenti", invidiosi di quell'elemosina sociale che l'Europa elargisce con un'accoglienza riluttante...”
Ezio Mauro ” definisce meglio questo “indigeno italiano come espressione di un “ceto medio che viveva del proprio lavoro, e che con la crisi si sente precipitare nella mancanza di impiego e di futuro”, improvvisamente catapultato in una “guerra fra poveri” che oppone i penultimi agli ultimi, in pratica “una vera e propria lotta di classe in formato inedito, che mette di fronte la modernità esausta e logorata della democrazia occidentale con la primordialità dei mondi disperati che prendono il mare per cercare sopravvivenza, e nient'altro. Gli ultimi si trovano davanti i penultimi, che non vogliono concedere agli stranieri un millimetro di spazio sulla terra che considerano loro. Se non fossero scesi fino appunto al penultimo gradino della scala sociale (quello di un ex) non si sentirebbero sfidati direttamente dai richiedenti asilo che bussano alla nostra porta: non si sentirebbero "concorrenti", invidiosi di quell'elemosina sociale che l'Europa elargisce con un'accoglienza riluttante...”
conclude
Ezio Mauro in quella che potrebbe anche essere interpretata come una
evocazione probabilmente inconsapevole, delle teorie espresse da Luciano Gallino con ilsuo lavoro “La lotta di classe dopo la lotta di classe”.
Ecco
che finalmente anche il giornalismo mainstream
comincia a mostrare segni di una lucidità quasi premonitoria, che
identifica chiaramente il problema fuori dagli
schemi del razzismo usato dalle classi dominanti come “arma di
distrazione di massa”, inquadrandolo più correttamente nel
contesto di una crisi che degrada socialmente ed economicamente i
lavoratori occidentali. Manca quel passo supplementare per giungere
alla conclusione che questa crisi non sia altro che la conclusione
inevitabile del modello economico del capitalismo finanziario. Bene
quel passo lo facciamo noi.
Bisogna
che Ezio Mauro e tutti i commentatori ufficiali si arrendano
all'evidenza che stanno continuando a cercare di rianimare un modello
economico che è ormai definitivamente in coma.
Un
modello che, nato sotto la promessa di redistribuire la ricchezza
ancorchè in modo diseguale (la famosa “mano invisibile”
dell'economia classica) assicurando
ricchezze smisurate ai padroni (sotto
forma di profitti, dividendi, ristorni azionari)
e una ricaduta di briciole alle classi sottoposte (sotto forma di
salari o di welfare), ormai produce solo concentrazione di ricchezza
e
diseguaglianza,
in una logica esasperata del profitto estremo che si esprime in modi
differenti
nell'occidente
“ricco”
o
nel terzo mondo derelitto.
In occidente si distruggono diritti e si livellano salari, nel terzo mondo si accaparrano terre fertili espellendo e gettando sul lastrico il tessuto di piccola proprietà contadina (Carlo Petrini e lo Slow Food hanno fatto di questa battaglia l'elemento centrale della loro iniziativa Terra Madre con il progetto dei diecimila orti in Africa http://www.slowfood.it/il-land-grabbing-si-mangia-lafrica-ma-anche-leuropa-e-litalia-e-a-rischio/ ) e si saccheggiano le ingenti risorse naturali dei paesi “poveri” acquisendole a prezzi di saldo grazie a rapporti di favore con le locali oligarchie corrotte e elette a interlocutori privilegiati dopo un accurato “processo di selezione” che ha ucciso tutte le forze sane che nel passato hanno tentato di affermare il principio dell'Africa agli Africani (vedi Patrice Lumumba in Congo, Thomas Sankara in Burkin Faso, Ken Saro Wiva in Nigeria, tutti trucidati per eliminare scomode e autorevoli voci che miravano a estromettere le multinazionali occidentali dalla gestione delle loro risorse naturali).
In occidente si distruggono diritti e si livellano salari, nel terzo mondo si accaparrano terre fertili espellendo e gettando sul lastrico il tessuto di piccola proprietà contadina (Carlo Petrini e lo Slow Food hanno fatto di questa battaglia l'elemento centrale della loro iniziativa Terra Madre con il progetto dei diecimila orti in Africa http://www.slowfood.it/il-land-grabbing-si-mangia-lafrica-ma-anche-leuropa-e-litalia-e-a-rischio/ ) e si saccheggiano le ingenti risorse naturali dei paesi “poveri” acquisendole a prezzi di saldo grazie a rapporti di favore con le locali oligarchie corrotte e elette a interlocutori privilegiati dopo un accurato “processo di selezione” che ha ucciso tutte le forze sane che nel passato hanno tentato di affermare il principio dell'Africa agli Africani (vedi Patrice Lumumba in Congo, Thomas Sankara in Burkin Faso, Ken Saro Wiva in Nigeria, tutti trucidati per eliminare scomode e autorevoli voci che miravano a estromettere le multinazionali occidentali dalla gestione delle loro risorse naturali).
Thomas Sankara |
Così
questa overclass mostruosa che detta le regole del gioco in tutto il
mondo tramite i colossi petroliferi nordamericani, arabi, russi o
cinesi, e le relative oligarchie finanziarie determina l'espulsione
dai processi produttivi dei lavoratori del mondo industrializzato,
perché il fattore lavoro viene degradato a semplice costo da
azzerare sia tramite la tecnologia che l'ideologia, in modo da
massimizzare il profitto, facendo scendere di svariati gradini quelle
classi medie che negli anni sessanta e settanta hanno costituito il
tessuto connettivo
della borghesia emergente e sui cui risparmi ancora vivono intere
generazioni di giovani.
Ma
nel terzo mondo fa ancora di
peggio:
determina l'espulsione degli esseri umani dalla loro terra,
degradandoli a quelli che Papa Francesco chiama “scarti umani”,
ossia, il
portare alle estreme conseguenze quella “cultura
dello scarto” definita
nell' enciclica
Laudato Si' par.
22 “un sistema di produzione alla fine del quale, le cose e le
persone si trasformano
rapidamente in spazzatura”.
rapidamente in spazzatura”.
Ecco
dunque che l'economia mondiale mette di fronte gli “ultimi” (gli
“scarti umani” espulsi dalle loro terre e costretti a una
emigrazione di disperazione),
ai “penultimi”, ossia quel ceto
medio che viveva del proprio lavoro, e che con la crisi si sente
precipitare nella mancanza di impiego e di futuro.
Un
ceto medio impoverito che non è necessariamente fatto solo di operai
schiacciati dal ricatto occupazionale, la compressione dei diritti e
la precarizzazione dei vari Jobs Act, ma
anche di piccoli imprenditori messi spietatamente fuori mercato dalle
grandi concentrazioni industriali e commerciali, piccoli contadini
ricattati dalla grande distribuzione e costretti a cedere i loro
raccolti a prezzi inferiori ai loro costi e equivalenti al loro
valore nominale di 30 anni fa.
Un
ceto produttivo di “indigeni” resi “indigenti” da politiche
economiche che schiacciano l'economia reale produttiva di capitale
sociale sotto il peso di una parassitaria economia finanziaria
produttiva
solo di capitale
finanziario, che se dovesse rendersi conto di quale inganno è stato
perpetrato in loro danno dalle oligarchie finanziarie globali le
abbatterebbe in 24 ore. Invece viene orientato verso il falso nemico
dello straniero che viene a “rubare il lavoro”.
E
così questi Indigeni
indigenti,
impoveriti e impauriti, invece di rivolgere la loro rabbia contro i
reali responsabili della loro indigenza, la
orientano contro quegli stranieri e spesso rifugiati, a cui la over
class finanziaria ha tolto tutto costringendoli ai viaggi della
disperazione da cui molti di loro non faranno ritorno.
Questo
è senza dubbio il capolavoro della overclass dominante: orientare la
rabbia delle proprie vittime sugli effetti delle loro azioni anziché
sulle cause del problema. E in un certo senso anche la legge sul
caporalato recentemente approvata, si concentra più sugli effetti
che sulle cause del caporalato originato in quella economia
finanziaria speculativa che schiaccia i produttori locali
comprimendone il reddito a vantaggio dei propri astronomici profitti
intercettati dallo strumento della Grande Distribuzione Organizzata.
A
fronte dei fatti di Goro e Gorino o altri episodi simili avvenuti in
passato, il dibattito si polarizza sempre fra i due estremi
dell'intolleranza razzista fascio-leghista da una parte e dello
pseudo buonismo di facciata ipocrita dei renziani e piddini vari in
cerca di un riscatto a fronte della loro infima povertà morale e
etica dall'altra parte.
Entrambi gli atteggiamenti non riescono a intervenire sulle cause
effettive del problema ma si limitano a agire sui suoi sintomi,
lasciando nell'oscurità i responsabili reali, quei poteri oscuri
fossili e finanziari che tirano
i fili dei
vari burattini
politici,
e
che ormai hanno rosicchiato la ricchezza mondiale imponendo regole
inaccettabili sul piano etico
e inefficaci sul piano finanziario
e monetario che però vengono accettate passivamente
dalle loro vittime, troppo impegnate a impedire a qualche profugo
africano di godere del privilegio di accedere a un ostello estivo in
pieno inverno.
Angelo
Consoli
Yvan
Sagnet
Ecco l'articolo originario di Ezio Mauro nella sua versione integrale:
http://www.repubblica.it/politica/2016/10/26/news/la_solitudine_dell_indigeno_italiano-150593360/