domenica 29 luglio 2018
ASSOLUTAMENTE DACCORDO CON SALVINI: PRIMA GLI ITALIANI!!!
Prima gli Italiani? Ma assolutamente!!! E chi potrebbe non essere d'accordo?
Per Esempio, prima gli italiani della Val di Susa o prima gli stranieri delle multinazionali delle costruzioni che vogliono assolutamente fare un mega buco in una montagna piena di amianto e di uranio per avere mezz'ora in meno in un tragitto che già esiste? Ma che domande! PRIMA GLI ITALIANI !!!
Prima gli agricoltori operatori turistici e artigiani italiani di San Foca e Melendugno e i cittadini di tutto il Salento che si oppongono all'inutile e dannosissimo gasdotto TAP, o prima la multinazionale svizzera creata da narcotrafficanti colombiani in combutta con dittatori Azeri e politici corrotti al Consiglio d'Europa? Ma ASSOLUTAMENTE, ancora una volta, PRIMA GLI ITALIANI!!!
Prima le multinazionali straniere come Bayer e GlaxoKline Smith interessate a vendere vaccini esavalenti brevettati e costosissimi per una sperimentazione sui bambini italiani senza precedenti nella storia della medicina o prima i bambini italiani, la loro salute protetta attraverso screening individuali effettuati da schiere di pediatri e immunologi italiani in apposite strutture di medicina preventiva e predittiva italiane in modo da prevenire possibili effetti collaterali dovuti a metalli pesanti immessi come leganti fra le varie molecole diverse? Ma mille volte PRIMA GLI ITALIANI!!!! Prima le società di trivellazione e esplorazione con gli air gun irlandesi, inglesi, brasiliane o prima i bagnanti di Santa Maria di Leuca e i cetacei e i delfini italiani? Sempre e solo PRIMA GLI ITALIANI !!! Prima i petrolieri arabi, russi, cinesi, americani, libici, venezuelani, olandesi o prima gli impianti solari per le piccole e medie imprese italiane, i cittadini italiani, i Comuni italiani, montati da imprese e operai italiani che sfruttano il sole dell'Italia? Ancora e sempre PRIMA GLI ITALIANI!!!
E fanculo a petrolieri, trivellatori, avvelenatori, inquinatori, vaccinatori folli, inceneritoristi, gasdottieri, speculatori, manipolatori, trogloditi di vario tipo stranieri e pure italiani!
lunedì 23 luglio 2018
L'EQUAZIONE MARCHIONNE E IL MERCATO TARDO CAPITALISTA CHE MANGIA SE STESSO
Mentre infuriano le polemiche in rete fra chi commenta in modo critico la imminente annunciata fine di Marchionne e chi ritiene disumano questo atteggiamento, vorrei prendere l'occasione per parlare non di Marchionne, verso cui la umana pietà impone il massimo riserbo, me del modello tardo capitalistico che lui ha incarnato e che non è certo imputabile a lui, anche se certamente lui è riuscito a farlo girare a proprio vantaggio tanto da far salire il rapporto fra salario manageriale e salario operaio che in FIAT ai tempi di Valletta era di 1 a 3, alla astronomica proporzione di 1 a 66.000. (ovvero il suo salario era 66.000 volte superiore al salario dell'operaio medio in FIAT). Nessun giudizio di valore su questo, ma l'occasione per rispolverare una attenta analisi di Emiliano Brancaccio comparsa su Liberazione ben 8 anni fa in tempi dunque (come si suol dire) non sospetti.
Marchionne non è stato né “buono” né “cattivo”: egli è stato più semplicemente, una equazione,
è una mera funzione del meccanismo di riproduzione del capitale.
Arrivato in FIAT quando l'azienda Torinese era all'avanguardia per la ricerca e lo sviluppo di motori alternativi e propulsione a idrogeno, si è sbarazzato immediatamente e spietatamente di un centro ricerche che era una eccellenza mondiale ma non era purtroppo funzionale al disegno capitalistico per realizzare il quale lui era stato reclutato, disperdendo così un patrimonio di conoscenza e di eccellenza riconosciuto a livello mondiale, portando al pensionamento anticipato fior di ricercatori che avevano la sola colpa di rappresentare capitale sociale mentre lui doveva valorizzare esclusivamente il capitale finanziario perchè il mitico mercato quello richiedeva.
Marchionne è stato il prototipo e il genotipo di quel manager totalmente schiacciato sotto una visione totemica del mercato, mentre nella FIAT degli anni 60 (come nella Piaggio o nella
Olivetti della stessa epoca) grandi dirigenti visionari il mercato lo creavano e lo influenzavano a loro immagine proponendo prodotti che ritenevano utili a migliorare la condizione dell'essere umano. Marchionne è stato il prototipo e il genotipo di quel manager totalmente schiacciato sotto una visione totemica del mercato, mentre nella FIAT degli anni 60 (come nella Piaggio o nella
Poi, con l'affermarsi dell'ultraliberismo reaganian-thatcheriano degli anni 70, è cambiato tutto. Il crollo del muro di Berlino e la conseguente affermazione di una globalizzazione dettata unicamente da interessi corporate e dalla logica del profitto estremo tanto da arrivare alla psicopatia (come ci ricorda il film Americano "The Corporation") determina un nuovo quadro di industrial relations basato sulla più sfacciata utilizzazione della competizione al ribasso dei diritti e al rialzo dei profitti, in un nuovo e inedito (ma oggi prevalente) ferocissimo darwinismo sociale.
La logica del profitto ha preso così il sopravvento come unica motivazione possibile dell'agire economico. E al culmine di questa deriva arriva Marchionne in FIAT.
Le conseguenze di questa deriva sono state devastanti per la coesione sociale, lo spirito di uguaglianza e il benessere umano sociale e ambientale su scala mondiale. In perfetta sintonia con il mondo fossile, la speculazione finanziaria si è impadronita dell'economia reale, condizionando la politica a tutti i livelli da quello comunitario dove il sogno Spinellian/Delorsiano di una Europa esportatrice di diritti, benessere e prosperità ha lasciato posto all'incubo del debito e della troika, fino al più piccolo comune immobilizzato da assurdi criteri finanziari che ignorano i diritti dei cittadini, i valori fondanti della Comunità Europea e perfino gli obiettivi di sviluppo sostenibile dettati dall'ONU con l'Agenda 2030. Per capire meglio ci aiuta nella lettura di quello che è successo l'analisi di Brancaccio:
"Se
non si mette in discussione la piena apertura dei mercati non vi
saranno le condizioni per un rilancio del movimento dei lavoratori
La
globalizzazione dei mercati abbatte la forza rivendicativa, politica
e sindacale, dei lavoratori. Numerosi studi del Fondo Monetario
Internazionale, dell’OCSE, della Commissione Europea, segnalano da
tempo l’esistenza di una correlazione statistica tra l’apertura
di un paese ai movimenti internazionali di capitali, di merci e in
parte anche di persone, e il corrispondente declino degli indici di
protezione dei lavoratori, della quota salari sul reddito nazionale e
dei livelli di protezione sociale.
I dati segnalano che la
globalizzazione dei mercati indebolisce i lavoratori in tutte le fasi
del ciclo capitalistico, sia nel boom che nella recessione. Tuttavia,
quando si attraversa una crisi, la piena apertura dei mercati può
condurre a una vera e propria capitolazione delle rappresentanze del
lavoro, e a un conseguente, precipitoso declino delle tutele
normative e sindacali e della quota di prodotto sociale destinato ai
lavoratori.
Queste
statistiche non fanno che confermare quel che già si evince dalla
cronaca quotidiana. Consideriamo ad esempio il caso FIAT e le sue
ripercussioni su Federmeccanica e sul contratto nazionale. Marchionne
rammenta ai media che può ottenere a Detroit o in Serbia un valore
del prodotto per ora di lavoro decisamente maggiore rispetto ai più
modesti rendimenti degli impianti di Pomigliano o di Mirafiori (il
differenziale, si badi, è reale: esso non dipende dal grado di
utilizzo della capacità ma al contrario lo determina).
Per questo
motivo egli si dichiara pronto a spostare le unità produttive
all’estero a meno che in Italia non si affermi un nuovo modello di
relazioni industriali, fondato sul recesso dai contratti nazionali,
sulla eliminazione delle ultime sacche di resistenza sindacale e
sulla conseguente possibilità di imprimere una forte accelerazione
al prodotto per unità di lavoro. La FIAT detta in questo modo la
linea alla quale il padronato italiano si accoda senza indugio:
minacciare continuamente le delocalizzazioni per liquidare gli ultimi
scampoli di movimento operaio esistenti nel nostro paese.
Ovviamente
la libertà di movimento dei capitali non colpisce solo il sindacato
italiano. Essa scuote le relazioni industriali in moltissimi paesi,
siano essi avanzati o in via di sviluppo. Tale libertà oltretutto
agisce sia sui salari diretti che sul welfare. Basti pensare agli
effetti dell’apertura dei mercati sulla concorrenza fiscale tra
paesi, e sulla conseguente crisi di finanziamento dello stato
sociale. Questo tipo di concorrenza non viene praticata dai soli
paradisi fiscali. Molti paesi ricchi la sostengono apertamente: per
evitare le fughe di capitale all’estero si elargiscono sussidi alle
imprese e sgravi ai possessori di ingenti ricchezze, e si recupera
poi tramite i consueti tagli alla spesa pubblica.
I
dati ci dicono insomma che siamo al cospetto di un dumping salariale
e fiscale senza limiti, che da tempo alimenta una guerra mondiale tra
lavoratori e che ha trovato nella crisi uno spaventoso fattore di
accelerazione. E’ bene chiarire che si tratta di un dumping
trasversale, che mette in competizione gli stessi paesi avanzati tra
loro e che non può essere sintetizzato nella sola corsa al ribasso
tra lavoratori dei paesi ricchi e lavoratori dei paesi poveri. Il
caso tedesco è in questo senso emblematico.
La minaccia di
trasferire interi spezzoni di produzione all’estero ha contribuito
a rendere la Germania un motore del dumping salariale europeo, con un
divario tra produttività del lavoro e retribuzioni tra i più alti
del mondo. Inoltre va ricordato che i sussidi del governo federale
americano e l’abbattimento del costo del lavoro in Chrysler hanno
fortemente contribuito allo spostamento dell’asse strategico di
FIAT verso gli Stati Uniti. Ciò indica che il dumping salariale e
fiscale può partire anche dal paese più ricco del mondo.
Di
fronte a tali evidenze è curioso che soltanto il movimento di
Seattle, pur tra mille contraddizioni e ingenuità, si sia posto in
questi anni il problema di trarre un abbozzo di critica della
globalizzazione. Al contrario tra gli eredi della tradizione del
movimento operaio sembra prevalere da tempo una sorta di
liberoscambismo acritico, talvolta addirittura apologetico. Dopo il
crollo dell’URSS questa posizione ha caratterizzato in Europa
soprattutto i socialisti, ma ha pure interessato frange della
sinistra alternativa, delle aree di movimento e degli stessi partiti
comunisti. Questa palese sudditanza verso l’apertura globale dei
mercati genera un ritardo a sinistra che si rischia oggi di pagar
caro. La crisi economica mondiale ha infatti scatenato un conflitto
intercapitalistico tra liberoscambisti e protezionisti che durerà a
lungo e che è destinato a mutare profondamente il corso degli
eventi. Di questo scontro si sono accorti un po’ tutti: i movimenti
neo-nazionalisti, così come le leghe. Al contrario i socialisti e i
comunisti, e più in generale gli eredi delle tradizionali
rappresentanze politiche e sindacali del lavoro, appaiono su questo
tema silenti, estraniati dal dibattito. Ancora una volta la vicenda
FIAT appare sintomatica. Alcuni intellettuali e politici hanno
etichettato Marchionne come “cattivo manager”, che investe poco e
punta solo ad abbattere il costo del lavoro. C’è del vero in
queste accuse, ma bisogna rendersi conto che esse sono superficiali.
In un certo senso potremmo considerarle simmetriche all’affrettato
elogio del “capitalista buono” che gli veniva rivolto non
moltissimo tempo fa. La verità è che Marchionne non è né buono né
cattivo: egli è solo una equazione, è una mera funzione del
meccanismo di riproduzione del capitale. Finché gli sarà concesso,
egli minaccerà sempre di effettuare investimenti lì dove i profitti
sono maggiori. Considerato che Berlusconi dichiara che «in una
libera economia e in un libero Stato, un gruppo industriale è libero
di collocare dove è più conveniente la propria produzione» e che
nessuna forza politica ha finora provato a ribattere su questo punto
decisivo, è lecito prevedere che Marchionne e il padronato avranno
gioco facile a qualsiasi tavolo delle trattative.
Esiste
un modo per colmare il ritardo delle sinistre? È possibile
individuare una proposta che consenta di elaborare un autonomo punto
di vista del lavoro sullo scontro in atto tra liberoscambisti e
protezionisti? L’idea di condizionare i movimenti internazionali di
capitali e di merci al fatto che i vari paesi rispettino un comune
“standard del lavoro” è una delle opzioni possibili. Ma prima di
approfondire le questioni tecniche, occorre che maturi una
consapevolezza politica: se non si mette in discussione
l’indiscriminata apertura globale dei mercati, difficilmente si
verranno a creare le condizioni per un effettivo rilancio del
movimento dei lavoratori."
Fin qui la profetica analisi di Emiliano Brancaccio per Attac nel 2010.
Da allora c'è stato il Jobs Act, il regalo di 8000 euro l'anno per lavoratore assunto perpetrato con tale legge ai danni della comunità da parte di Renzi nel solo interesse di Marchionne, la de-italianizzazione della FIAT ormai diventata FCA con sede in Olanda, Detroit, il Canada le Cayman, ma non più certamente Torino.
Colpa di Marchionne? Non credo.
Colpa di Marchionne? Non credo.
Il sistema di cui Marchionne è una semplice equazione è entrato definitivamente in crisi perchè non è più in grado di garantire crescita, occupazione e redistribuzione della ricchezza, e come ci ricorda Jeremy Rifkin, un mercato che non riesce a garantire un reddito ai consumatori entra in crisi per mancanza di acquirenti, e mangia se stesso. Qui sta morendo, insieme a Marchionne, anche il modello finanziario fossile che ha permesso a quelli come Marchionne di emergere e prosperare, al prezzo di creare una disparità economica e sociale talmente elevata che ormai le 8 persone più ricche del mondo hanno un reddito combinato pari a quello dei 3 miliardi e mezzo di persone che vivono sotto la soglia di povertà mentre 8 milioni di bambini ogni anno muoiono per mancanza di accesso al cibo e all'acqua.
Per tornare a Marchionne, se è vero che quello che lo sta uccidendo è un tumore ai polmoni ormai irreversibile e incurabile dovuto all'abuso di fumo, in un certo senso lo si potrebbe considerare vittima del suo lavoro, in quanto è facilmente ipotizzabile che l'eccesso di sigarette che il manager consumava era legato all'esigenza di poter meglio sopportare lo stress del suo lavoro e la pesante consapevolezza che le sue decisioni distruggevano la vita di migliaia di altri esseri umani.
Ma Marchionne in fondo ha solo interpretato al meglio l'aria dei tempi, in modo da massimizzare i suoi benefici in un sistema economico marcio, che alla fine non ha risparmiato neanche lui. Insomma per dirla con il Capitano Kurz interpretato da un indimenticabile Marlon Brando in Apocalypse now! Marchionne in tutto questo era solo "il garzone del macellaio inviato a incassare i sospesi..."
Il Capitano Kurtz in Apocalypse Now! |
Fonte: https://www.italia.attac.org/index.php/finanza-neoliberismo/neoliberismo/3426-contro-l-apertura-indiscriminata-dei-mercati
giovedì 19 luglio 2018
SULLA XYLELLA SUPERQUARK ASSUME UN SIGNIFICATO TEDESCO
Nella
puntata di Super Quark di ieri sera, abbiamo visto una mutazione semantica del nome dal suo significato in lingua inglese, a quello in lingua tedesca. Che voglio dire? Tutto diventa chiaro alla fine dell'articolo.
La trasmissione di Piero Angela infatti ieri ci ha somministrato 9 minuti e mezzo di propaganda xilellista. Una vera e propria fiera della disinformazione a proposito del disseccamento degli ulivi in Salento attribuito senza alcuna prova scientifica alla famigerata e tristemente famosa “xylella”.
La trasmissione di Piero Angela infatti ieri ci ha somministrato 9 minuti e mezzo di propaganda xilellista. Una vera e propria fiera della disinformazione a proposito del disseccamento degli ulivi in Salento attribuito senza alcuna prova scientifica alla famigerata e tristemente famosa “xylella”.
Il
fenomeno del disseccamento che in termini scientifici si chiama
CoDiRO (ossia Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo) in
questa trasmissione pseudo scientifica, non viene mai citato. La verità non trova spazio nemmeno terminologicamente. Si preferisce definire il tutto con la parte, confondere la causa con l'effetto, in un gioco a terrorizzare l'ignaro spettatore e a mistificare fatti confondendoli con neanche tanto autorevoli opinioni.
La
ricostruzione del fenomeno del disseccamento è totalmente
arbitraria, e la xylella, il cui nesso di causalità con il
disseccamento degli ulivi non è mai stato dimostrato, viene dato
per scontato che sia la causa ultima e unica del fenomeno.
Gli
esperti consultati sono solo quelli del CNR di Bari ed altri che a
senso unico sostengono la tesi della xylella patogeno responsabile
del disseccamento come un cavallo di Troia costruito ad arte al
servizio di coloro che sono nteressati ad introdurre una nuova
olivicultura intensiva, tecnologica, 4.0, in grado di movimentare un
fiume di soldi per i possessori dei brevetti.
Pietro Perrino |
Nessuna
intervista alle autorevolissime voci contrarie quali quella del prof.
Pietro Perrino, benemerito agronomo creatore della banca del
Germoplasma in Puglia, che ben prima di Beppe Grillo parlò di
“bufala” al riguardo della xylella,
(https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/la-bufala-xylella-non-e-il-batterio-a-uccidere-gli-ulivi/
)
e
del prof Marco Scortichini batteriologo
di fama mondiale, e direttore del CREA (Centro di Ricerca sull'Economia dell'Agricoltura) che insieme ad altri 21 ricercatori di 5 università
indipendenti, ha studiato per tre anni il modo in cui è possibile
fermare gli effetti della diffusione della xylella e di altri
patogeni degli ulivi attraverso
cure basate su sostanze naturali e buone pratiche agricole
(http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1001196/il-batteriologo-scortichini-con-rame-e-zinco-ulivi-salvi.html).
Questa
è
l'unica ricerca validata a livello internazionale secondo i criteri
della metodologia della scienza, che è
decisamente inattaccabile dal
punto di vista metodologico e dal punto di vista scientifico. Il
successo della cura “Scortichini” (si veda questo servizio di
TELE RAMA al riguardo https://www.youtube.com/watch?v=wtW0uWOjaUU
) ha scatenato in una ridda di false
accuse,
insinuazioni,
diffamazioni
e calunnie, da
parte di personaggi
equivoci che mirano agli abbattimenti degli ulivi per reimpiantare
varietà a presunta maggiore redditività e
resistenza alla xylella.
Ma
per loro sfortuna, la ricerca Scortichini è per ora l’unica
valida sul piano metodologico,
e
non è mai stata sconfessata da un’altra ricerca che sia riuscita a
provare, con lo stesso metodo rigoroso,
l'esatto contrario. Quelle deu catastrofisti della xylella sono solo opinioni petsinali non suffragate da alcun metido scientifico, opinioni arbitrarie che danno per scontato un nesso di causalitacausalità fra xulella e disseccamento cge invece non é syato mai provato.
Per cui la ricerca di Scortichini e altri 21 ricercatori è
assolutamente valida ed efficace. Mentre le soluzioni distruttive che prevedono eradicazioni a tappeto e uso intensivo di pesticidi con i neonicotinoidi quindi mortali per le api e vietati dall' Europa proposte dalla cricca del CNR di Bari e imposte dallo sciagurato decreto Martina, sono un rimedio peggiore del male che si ripropongono di eliminare.
Marco Scortichini |
Nè
sono stati consultati contadini come Roberto Polo nel Parco dei
Paduli a Nociglie (LE) che hanno risolto il problema del
disseccamento iniettando
consorzi microbici in grado di ripristinare
la fertilità del suolo e superare l’annoso problema
dell’inaridimento e della desertificazione (probabile vera causa
del CoDiRO) che in questo commovente video dal titolo “L’ISOLA
VERDE NEL MARE DI ALBERI SECCATI”, spiega come con le buone
pratiche alla Scortichini e senza nessun abbattimento o pesticida sia
riuscito a salvare tutti i suoi ulivi mentre quelli delle proprietà
circostanti seccavano. (il video si può vedere qui
https://www.youtube.com/watch?v=AXdbb4xrImQ
)
Nè
è stata consultata la dottoressa Margherita D’Amico, patologa
vegetale che sta conducendo ricerche sulla fertilità del suolo e le
cause che la compromettono e indeboliscono gli ulivi esponendoli a
qualunque patogeno pericoloso e anche a patogeni secondari che normalmente non
provocano danni all’ulivo, perché la terra sottostante è
praticamente deserto e gli ulivi sono abbandonati a se stessi. (si
veda una sua conferenza qui
https://www.youtube.com/watch?v=13fk07b2VDM
)
In
questa trasmissione pseudo scientifica, abbondano con nonchalance
notizie
come:
“20 milioni di ulivi infetti, un
terzo di tutti gli ulivi di Puglia", gettata li così, senza uno
straccio di fonte citata, prova o documentazione. Complimenti al
metodo scientifico. Di che far inorridire giornaliste scientifiche
serissime come
Laura Margottini, che da anni segue il fenomeno del
CoDiRO per il Fatto Quotidiano e che in questa intervista televisiva
spiega senza nessun “complottismo” ma con grande rigore
professionale quali sono tutte le falle nella teoria secondo cui la
xyllla sarebbe la responsabile unica del disseccamento.
(https://www.facebook.com/studio100brindisi/videos/248312465767052/)
Qualunque opinione differente viene bollata preliminarmente come complottismo immobilista responsabile del contagio.
“Dagli all'untore!”
Laura Margottini |
Qualunque opinione differente viene bollata preliminarmente come complottismo immobilista responsabile del contagio.
“Dagli all'untore!”
Una
pagina davvero vergognosa della televisione italiana. Peccato vedere
quel Piero Angela che pure un tempo era stato apprezzabile, se non
come giornalista scientifico, almeno come divulgatore (anzi
volgarizzatore) di conoscenze scientifiche, finire la sua carriera
nell'ignomignia della macellazione di qualunque metodologia
giornalistica, verità scientifica e correttezza deontologica.
Infatti
già dalla scelta iniziale di presentare il servizio come un servizio
sulla "Xylella", (mentre come dicevo sopra, il vero nome
della malattia degli ulivi è CoDiRO),ci troviamo in un gioco surreale
a dire e non dire, a dare per scontato come verità assoluta le
opinioni preconcette di alcuni ricercatori del CNR di Bari
(ricercatori soprattutto di danaro, aggiungerei), e a processare in
via preliminare le intenzioni altrui ignorando qualunque forma di
dubbio e di opinione diversa che sono il sale e l'essenza di quella
scienza.
Quella
scienza in nome della quale Piero Angela in preda ad un evidente
incontenibile delirio da rintronamento senile, ancora si sottrae
al meritatissimo riposo e necessarissimo pensionamento definitivo.
Quello
che abbiamo visto ieri sera infatti era pseudo scienza dogmatica
elevata a religione incontestabile con il suo officiante
ultranovantenne e i giovani sacerdoti di rito CNR barese proiettati
sul pulpito senza nessun contraddittorio.
Petra Reski |
Petra
Reski la nota giornalista tedesca che vive in Italia da anni, ha
recentemente fatto rilevare come “Quark” che in inglese ha il
significato di particella elementare della fisica, in tedesco invece
ha il più prosaico significato di “cazzata”.
Mi
sembra chiaro che con trasmissioni come quella di ieri sulla xylella,
il nome della trasmissione vada inteso nella sua accezione tedesca e
non in quella anglofona.
Questa
è la trasmissione oggetto di questo post:
Per
maggiori informazioni sulla xylella consiglio di leggere questi tre
articoli, uno di Petra Reski, che è quello che è stato pubblicato
sul blog di Beppe Grillo:
http://www.beppegrillo.it/la-bufalite-della-xylella/
Elena Tioli |
Poi
sempre sul blog di Grillo, a maggio ha pubblicato due articoli la
giornalista Elena Tioli, autrice del libro VIVERE SENZA SUPERMERCATO,
che permettono di comprendere aldilà di qualunque propaganda
xylellista, quali siano i veri termini del problema: Il primo dal
titolo “Xylella una scelta di campo “ si trova a questo link,
http://www.beppegrillo.it/xylella-una-scelta-di-campo/ mentre il
secondo, dal significativo titolo DI VELENI PRIMA CHE DI XYLELLA
MORIRA’ IL SALENTO, si trova a questo link:
http://www.beppegrillo.it/di-veleni-prima-che-di-xylella-morira-il-salento/
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